Daniele Faraotti "Phara Pop, Vol. 1" la recensione


"Phara Pop, Vol. 1", in uscita per Creamcheese Records,  è l'interessante lavoro di Daniele Faraotti, che riesce a destrutturare la forma canzone, con un'atmosfera 'art', vagamente glam, un pò Bowie ma più primo Morgan visti i testi in italiano. 

"Isolde" fornisce una prima impronta eterea fatta di chitarre distorte e di synth che viaggiano indietro nel tempo; "Vivaldi we love you" si muove sinuosa tra i drums-beat e i synth che sembrano voci lontane, che fanno il verso al nostro: "Tutto questo tornerà... tornerà un sereno incanto..." e da qui si fa curioso e martellante.

In "Le chiome e i falò" i tasti hammond anni '70 spaziano liberi. Faraotti gioca coi contrasti: adagia una voce pop sulla tastiera blues e sui loop rockeggianti. "Il ballerino di quadriglia" è giustamente danzante, con la sua parte strumentale psichedelica se vogliamo; una linea melodica che ancora una volta viene estremizzata, ma il cui risultato finale godibile. In questo brano emerge un atteggiamento alla "Renato Zero". Lo step successivo è rappresentato da una triade di brani dalla stessa matrice: "Frugale"... "Esiste una sola esistenza vera..." ci fa capire a cosa tende Faraotti; "Edison Dino" ricca di incursioni distorte che fanno solo bene al brano; "Come vincere la timidezza", in cui la voce si fa tesa come dritto è il riff di chitarre che passano velocemente a dei 'soli' che fanno da sfondo alla voce sempre troppo, probabilmente, presente. 

Questo estremizzare, virando nell'elettronica, lo si nota molto in "Due Mona" che interviene tra un brano e l'altro a spezzare il ritmo serrato e in "Il Villaggio", sincopata, ansiogena, quasi un voler marcare la cifra stilistica. 

A chiudere l'album "Phara Pop, Vol. 1", "La visione di Proculo parte prima": "Sopra il monte splende, declinando all'Occidente, scorre il Reno, scorre il Reno, dolcemente"... una visione poetica sorretta dalla batteria e dal piano che fa il verso al jazz. La seconda parte del brano poi si apre in un dinamico pop oltreoceano, la sezione meno deconcettualizzata di tutto il disco e Faraotti a fatto bene a lasciarla così.


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