Se il Kazakistan è arretrato culturalmente e i diritti civili sono calpestati. non di meno è l’America di Trump, solo che ci sono più lustrini, più gabbie d’oro, in sostanza più ipocrisia. Sacha Baron Cohen torna sul luogo del delitto con Borat, il suo personaggio più amato in Borat - Seguito di film cinema, diretto da Jason Woliner. Dopo gli incresciosi fatti del 2006 narrati nel primo film, troviamo Borat in prigione ai lavori forzati.Il giornalista viene però improvvisamente liberato per tornare negli Stati Uniti per ingraziarsi il presidente Trump regalando al suo vice Mike Pence la più grande star del Kazakistan: Johnny la scimmia. Qualcosa va storto perché la figlia di Borat, Tutar, si introduce nella cassa dove viaggiava la scimmia, mangiandosela tra l’altro. A questo punto, diventa lei il dono da offrire all’America. C’è solo un problema, far diventare prima la ragazza appetibile per gli standard americani. Da questo punto in poi assistiamo a una serie di scene cult, girate con la tecnica del finto documentario, tra gli irriverenti travestimenti del nostro, decisamente scorrette, volgari, a tratti amorali ma spassosissime e molto intelligenti a scoperchiare ancora una volta la falsità dell’American Dream. Per gli spettatori più avvezzi la parte finale del film è già scritta all’inizio, ma è anche prevedibile per quelli meno attenti. Il risultato non cambia, un’ora e mezza di puro divertimento, ma anche di tanta riflessione. C’è bisogno di film del genere e di artisti del calibro di Sacha Baron Cohen.
Se il Kazakistan è arretrato culturalmente e i diritti civili sono calpestati. non di meno è l’America di Trump, solo che ci sono più lustrini, più gabbie d’oro, in sostanza più ipocrisia. Sacha Baron Cohen torna sul luogo del delitto con Borat, il suo personaggio più amato in Borat - Seguito di film cinema, diretto da Jason Woliner. Dopo gli incresciosi fatti del 2006 narrati nel primo film, troviamo Borat in prigione ai lavori forzati.Il giornalista viene però improvvisamente liberato per tornare negli Stati Uniti per ingraziarsi il presidente Trump regalando al suo vice Mike Pence la più grande star del Kazakistan: Johnny la scimmia. Qualcosa va storto perché la figlia di Borat, Tutar, si introduce nella cassa dove viaggiava la scimmia, mangiandosela tra l’altro. A questo punto, diventa lei il dono da offrire all’America. C’è solo un problema, far diventare prima la ragazza appetibile per gli standard americani. Da questo punto in poi assistiamo a una serie di scene cult, girate con la tecnica del finto documentario, tra gli irriverenti travestimenti del nostro, decisamente scorrette, volgari, a tratti amorali ma spassosissime e molto intelligenti a scoperchiare ancora una volta la falsità dell’American Dream. Per gli spettatori più avvezzi la parte finale del film è già scritta all’inizio, ma è anche prevedibile per quelli meno attenti. Il risultato non cambia, un’ora e mezza di puro divertimento, ma anche di tanta riflessione. C’è bisogno di film del genere e di artisti del calibro di Sacha Baron Cohen.
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