Tornano
con il loro timbro inconfondibile i Calibro 35, che dopo aver girato
il mondo con collaborazioni importanti e firmando colonne sonore nel
grande mondo hollywoodiano (Said e Sogni di gloria), tornano con “Momentum” (Record Kicks
-
Audioglobe,
Artist First)
che nasce per volere imprimere una fotografia dell'attuale società,
del mondo che viviamo. Ma ad oggi l'album acquisisce una nuova e più
reale esigenza, perchè neanche i Calibro, probabilmente, potevano
immaginarsi l'emergenza Coronavirus e la realtà distopica che stiamo
vivendo. Per questo “Momentum” arriva puntuale, oggi più di
qualche mese fa alla sua uscita nei mercati digitali e non, a
regalarci quella grinta di cui abbiamo bisogno e a farci sentire meno
soli. I brani vengono partoriti dalla mente e dall'estro di ogni
membro del gruppo: Cavina, Colliva (sua la produzione), Gabrielli,
Martellotta e Rondanini, che riescono anche musicalmente a
proiettarsi un passo avanti rispetto alla scena attuale italiana
indie. Che poi sarà il nuovo trend: non abbandonare l'elettronica ma
anzi proporzionarla adeguatamente alla parte strumentale che qui
gioca un ruolo fondamentale in ogni sezione, piano, fiati, chitarre,
batteria e basso. La sezione ritmica in particolare è sublime e
l'album suona davvero bene, in cuffia si può ascoltare con attenzione la cura e i dettagli del lavoro. Il disco vede la partecipazione di
Illa J e Mei.
“Glory
Fake Nation”: in pratica i tre principi della società di oggi,
sfuggente e liquida, di falsi eroi che vivono il loro momento di
Gloria su Instagram, uno Stato governato da fake news e politicanti
che... bucano lo schermo. I synth sfregiano le chitarre elettriche,
urlano spettrali, seguendo il tempo della batteria sincopata.
“Stan
Lee”: vede il featuring di Illa J, riprendendo quell'atteggiamento
musicale a cui i Calibro ci avevano abituati, un sound B Movie, con
bei drums e il rhodes che entra in cuffia sospettoso come deve
essere. Il pezzo, proprio per le sue dinamiche spaziali, è dedicato
al produttore cinematografico americano dei più grandi comics degli
ultimi anni.
“Death
of Storytelling”: ancora una volta la batteria in evidenza, con la
particolarità che i due diversi arpeggi della guitar entrano uno in
un canale e uno in un altro, sposandosi alla perfezione,
incrociandosi, parlandosi in un lungo dialogo faccia a faccia. Quasi
un ossimoro visto il titolo del brano, che sancisce la morte della
narrazione o meglio della retorica.
“Automata”:
ha un sound sinuoso, la batteria ha un incedere robotizzato, come se
una squadriglia di automi procedesse a passo sotenuto verso la
conquista della Terra. Un chiaro riferimento al film di Gabe Ibáñez
del 2014 ed in linea con il tema dell'album.
“Tom
Down”: ha le linee dei bassi ipnotiche. I Calibro 35 mettono su
ancora una volta una perfetta colonna sonora cinematografica, con i
fiati in stile “Starsky & Hutch” ma indubbiamente cupi per un
finale thriller.
“Thunderstorms
and data”: è in perfetto sci-fi. Con i synth ancora una volta
spettrali, quell'aurea di liricità che rende etereo il brano, in cui
il clarinetto effettato entra a smorzare i toni. Qui il finale è
istericamente dub, sound che è presente qua e là nel disco.
“Black
Moon”: l'hip hop dell'inglese Mei si stende sul tappeto sonoro
creato ad hoc dai nostri, che ogni tanto per non snaturarsi,
riemergono con il rhodes e le chitarre a stemperare il tutto.
“Fail
it till you make it”: è il pezzo del disco più melodico, più
malinconico come si evince dal titolo. La sezione ritmica ben curata
è sì ridondante ma non all'eccesso, comunque ben dosata.
“4x4”:
un intro dal sapore d'oltreoceano, con delle incursioni elettriche
come se procedessero di soppiatto, in cui emerge un arpeggio
circolare persistente. Un piccolo appunto giunti fin qui dobbiamo
farlo perchè già si notava nei brani precedenti e in 'Black Moon'
in particolare: la linea di basso e più in generale l'annullare il
concetto di spazio tempo è tipico dei Pink Floyd. E in questo lavoro
si sente forte un richiamo.
“One
Nation Under A Format”: racchiude il senso di 'Momentum'. Il manto
sonoro dei precedenti brani qui non cambia, procede nella stessa
direzione, con i synth non abusati e un piano più in evidenza che
mai a mimare la stessa melodia indagatrice e guardinga, orwelliana.
Ma i maiali siamo noi.
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