Gli Africa Unite
mettono a segno un bel punto alla loro discografia quasi
quarantennale. A supportarli in questo album-progetto “In tempo
reale”, gli Architorti che ritrovano dai tempi di
“Mentre fuori piove” e dopo diverse date live nei teatri.
Quella dimensione alla band di Bunna e Madaski piace, insistono nel
cercare atmosfere suggestive, quasi da “poltrona”, con
l'elettronica misurata e ben dosata da Madaski che è il vero fulcro
dell'ottima produzione di questo nuovo album. Bunna invece interviene
con la sua caratteristica voce a regalare vibrazioni, melodie e quel
reggae che si insinua nei suoi dread. E gli Architorti vanno a
sostituire il resto dello storico gruppo, una sezione di viole e
violini, violoncello e contrabbasso che hanno sposato in toto il
progetto degli Africa Unite, tal volta con interventi classici, altre
volte con incursioni più azzardate e “futuriste”.
Testualmente gli Africa
sono stati sempre
“politicizzati” e
qui ci vanno giù pesante. Ed è necessario, ci vuole!
Psichedelicamente minimal
“Hoppitiquaxx” apre “In tempo reale” dove si
sente pesante la mano di Madaski, nei raid taglienti, in una radio
scassata, di frequenze distorte, precarie: “Sono la rete delle
reti... finirai nella mia rete... ma non devi aver paura, avrò cura
di te... avrò cura...” e “NIN
Nuove Intrusioni Notevoli” “devastando i
miei diritti” entra a lenire il caos, le “abrasioni”, con
la voce di Bunna che ci ricorda delle radici degli Africa Unite, con
gli Architorti che procedono “ad ottavi” riscrivendo il rock nel
contesto: “Grido più forte, grido per me, per non toccare il
fondo ma non cerco assoluzione, penso più forte, ascoltami,
qualsiasi nuova imposizione non cambierà la mia coscienza”
quasi restaurando quella “Sotto pressione” in una nuova
forma, una forma di società liquida. E non ci resta che
sopravvivere, “il tempo è un sogno che non c'è” e
“Percorri la strada, ma sei ancora in coda”.
Con
“La Morsa del Ragno” il disco muta pelle ancora una
volta: gli archi procedono classici fino all'ingresso della voce di
Bunna, poi si fanno nervosi: “Sono al centro della rete, come un
ragno immobile che tesse la sua ragnatela, per vivere una stupenda
emozione...” e in realtà quel che vede non è reale... viviamo
in una dimensione con un grande occhio Orwelliano che ci guarda
quotidianamente. Secondo gli Africa viviamo in una sorta di “Matrix”
dove “tutto va veloce”. Nella seconda parte Madaski
interviene “scorrettamente” e cupamente dub. E qui spiega
quello che abbiamo detto in merito alle sonorità del pezzo, che si
muove tra classica, elettronica... ma mai spacciarsi per quello che
non si è. E qui una stoccata un po' a tutti quelli che siedono a
Palazzo, anche a chi grida in giro un paio di “Vaffa” e
poi si accomoda. Ed ogni riferimento pentastellato è puramente
casuale. E Madaski non si ferma neppure ne “L'Impero del Nord”:
“Tu chi sei qui non è permesso entrare”. E' l'Impero della
Lega, un odio insito che non è passato, è subdolo. “Il buffone
recita nel suo circo acclamante...”. Gli archi – qui tribali
- maledettamente riescono a iniettarsi in vena, a scorrere e a
toccare punte impensabili di rabbia. La rabbia giusta, quella che
serve.
Un contrabbasso prende
per mano “Peculiarità”, “radici e volontà” dub: “C'è
chi combatte e perde contorcendosi, chi non sta fermo, peculiarità”.
Ad un certo punto, con naturale continuità, il bridge si fa lirico,
spaesando un po', che poi è proprio l'obiettivo del brano, tutto e
il contrario di tutto, la caratteristica intrinseca di ognuno che si
differisce dall'altro, ma anche da sé stesso.
L'intro da belle epoque
de “La Differenza” presenta una vocalità ovattata, come
se Bunna volesse “bacchettarci”, uscire da una “scatola
di plastica in cui nascondersi” e
l'uso del filtro nella voce vuole proprio dare l'idea di parlare da
una scatola. Musicalmente è semplice, troppo cantilenante.
I violini sono lame che
feriscono, scavano “Rughe Indelebili”, brano che era
contenuto nel disco “Mentre fuori piove” che aveva già
tastato “l'esperimento” con gli Architorti. Bunna cerca di
mettere a bada il suo “levare” e il testo ad un certo
punto viene cantato sottovoce. Ed è pelle d'oca: “Corro senza
freni, salto fossi e ostacoli, fatico a non confondere il tuo sguardo
tra gli altri”.
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