Daniele Silvestri - La terra sotto i piedi


A tre anni da "Acrobati" torna Daniele Silvestri con "La terra sotto i piedi. Già dal titolo il cambiamento è evidente e il senso profondo del nuovo album del cantautore, è tutto racchiuso nei versi di "Concime", vero e proprio brano manifesto“Servono radici mi serve gravità, la stessa che negavo fino a ieri quando predicavo di essere funamboli sospesi per sentirsi liberi e leggeri”.
Silvestri in queste nuove 14 canzoni "torna dunque sulla terra", a osservare e giudicare questi "Tempi modesti" in balia di una deriva sempre più preoccupante. Dal mondo social a quello politico, ha vinto l'ignoranza e adesso occorre per risalir la china, guardare il tutto con estrema lucidità e ritrovare quella coscienza sopita a colpi di like. Lo stesso sguardo lucido, privo di sentimentalismi, ma con estrema maturità, il nostro usa per ricomporre i "frammenti di un discorso amoroso", nei suoi vari stadi, tra emozioni, sensazioni e i pensieri che esso comporta. Queste 14 canzoni rappresentano, sono un processo "necessario" per guardare dritto in faccia la realtà per poter tornare a volare in alto:

“Qualcosa cambia”: ritmica accattivante e melodia dai toni morbidi e soffusi per un testo che parla d’amore ma non dimentica di ampliare il discorso al sociale, con rinnovata speranza:“Pensavano che fossimo un'ipotesi  un breve guizzo e poi di nuovo pavidi e forse e forse un po' è così ma è questo che ci ha reso imprevedibili sentirci solidi restando liquidi e infatti adesso adesso prova a prenderci”

“Argento vivo”: il brano sanremese, come abbiamo già scritto nel nostro speciale festivaliero, non ci piace, vuoi per il testo, che sarà colpa nostra, non capiamo fino in fondo... vuoi per il suo essere musicalmente un monolitico, con l’intervento dissonante e ridondante di Agnelli, che ci appare fuori luogo: “ho 16 anni ma già da più di 10 vivo in un carcere”

“La cosa giusta”: mood battistiano trasognante e uno sguardo dolce amaro e poetico su una storia che finisce quasi senza accorgersene: “Sembrava solida e perfetta La nostra immagine allo specchio Tu con me riflessa Io quella lacrima giuro che non l’ho vista “

“Complimenti ignoranti”: su un funk elettronico arrembante, tra ironia, amarezza e autostazioni, Silvestri si scaglia contro le critiche dei fans che si permettono di dirgli di tutto senza alcun rispetto“: anche il successo dei tuoi testi lo devi a me non lo capisci”

“Tutti matti”: “sembrano tutti persi a furia di farsi male, a fuori di farsi” ritmica incisiva coi synth protagonisti a tessere trame

“Concime”: folk ballad “aperta” per chitarra e pianoforte che si fa inaspettatamente “in minore” cupa e lucida coi violini ad accentuare il pathos: “mi manca la terra sotto i piedi, un solido riferimento in basso da cui attingere conforto anche quando non lo vedi, la base da cui puoi spiccare un salto sapendo che al ritorno la ritrovi”

“Scusate se non piango”: un ipotetico mix tra “Io con la ragazza mia tu con la ragazza tua di Britti con Boyband dei Velvet” ovviamente con il tocco del nostro,  scuola romana docet, d’altronde come si può ben vedere nel videoclip che accompagna il brano, la dedica all’Angelo Mai perennemente e assurdamente sgomberato dice tutto: "Restiamo uniti, facciamo scudo nelle narici un denso fumo i lacrimogeni mi fanno piangere di gioia con voi non ci si annoia mentre resisto a un altro sgombero penso che il mondo è un posto splendido"

“Prima che”: “se potessimo tornare al ricordo che hai di me alle cose come sono o come erano prima di distruggerle prima che” grande ballad, suggestiva e carica d’intensità

“Blitz gerontoiatrico”:  altra lucida e ficcante analisi, stavolta sul successo effimero della trap e dei suoi vuoti e ripetuti contenuti: “ti credi il figlio di Tupac e invece sembri un comico di Zelig” con un’evocativa coda finale

“La vita splendida del capitano”: uno dei brani più cantautorali del lotto con cori e archi a donare eleganza al corpus, dedicata a Francesco Totti: “le cose cambiano mio capitano solo che noi c’è l’ho dimentichiamo”

“Rame”: delicata ballad pop che vede Niccolò Fabi alla chitarra: “lo so che a furia di attendere le cose si rompono, le vite si guastano e le parole diventano così pesanti che ci schiacciano” e con un sentito solo di sax di James Senese nel finale

“Tempi modesti”: electro funk pop con accenni soul: “non cambia niente tanto è come sempre puoi dire quello che vuoi” sulla deriva social, con un ottimo inserto rap di Davide Shorty

“L’ultimo desiderio”: “è sempre l’ultimo quello che fa più male, l’ultimo desiderio da cancellare” folk ballad che gode di un ottimo arrangiamento orchestrale: “giurami che niente è perso giurami che tutto è ancora uguale anche se è diverso e giurami che mi guarderai lo stesso”

“Il principe di fango (per un lieto fine)”: una "Walk on the wilde side" intima a sfondo psichedelico “non so se ci fu un bacio ma da allora il mio orologio sei tu”

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