“Sono tutti morti?”
Inizia con degli spari e delle urla la
nuova serie della Netflix, “Quicksand”, termine che tradotto
significa “sabbie mobili”. Ed è proprio dal fondo, da una
strage, che nasce questa nuova serie svedese creata da Pontus Edgren
e Martina Hakansson, basata sull'omonimo libro di Malin Persson
Giolito. Partita lo scorso aprile sul canale on demand, la serie
comincia da una sparatoria di massa presso una scuola di “figli di
papà”, nel quartiere Djursholm, a Stoccolma. Accusata
dell'omocidio è una giovane studentessa, che sotto processo dovrà
mettere la sua vita privata in piazza, svelando, tra le altre cose,
la sua intima relazione con Sebastian Fagerman ed i problemi di una
famiglia disfunzionale. Partiremo da metà per poi proseguire il
racconto, ma tornare anche indietro, ai fatti antecedenti la
tragedia, attraverso flash-back che ci raccontano di come Maya e
Sebastian si sono conosciuti, facendoci capire da dove nasce tutto e
cosa sia realmente successo. Scritto sicuramente bene, con una
narrazione veloce ed una trama interessante, “Quicksand” pecca
però in originalità, inabissandosi proprio in quelle “sabbie
mobili” del titolo, attraverso una trama orizzontale dai tipici
risvolti crime, dalla struttura classica del thriller vecchio stile.
Protagonisti dello show sono Hanna Ardéhn che ha il ruolo di Maya
Norberg e Felix Sandman che è Sebastian Fagerman. Nel cast anche:
Peter Sander (David Dencik), avvocato di Maya; Claes Fagerman (Reuben
Sallmander), padre di Sebastian; ed infine Samir (William Spetz) e
Amanda (Ella Rappich), amici e compagni di Maya e Sebastian.
Nonostante sia visibilmente formata da un gruppo attoriale quasi
sconosciuto, la serie è recitata molto bene e la Ardéhn riesce a
creare la giusta atmosfera intorno ad un personaggio decisamente non
semplice da interpretare. E' una serie purtroppo molto attuale, che
rispecchia crudelmente la realtà di oggi, dal forte carisma più
americano che nord europeo, nonostante l'ambientazione e l'atmosfera
generale sia molto glaciale. Distribuita in un'unica soluzione lo
scorso 5 aprile, per un totale di 6 episodi da 45 minuti ciascuno, la
serie si segue con assoluta facilità e spinge il telespettatore a
chiedersi cosa sia realmente successo alla vita di questa ragazza
apparentemente normale ed è sicuramente ciò che una serie,
soprattutto di carattere crime, deve fare: spingere ad avere la
curiosità di capire da dove si è partiti e dove si vuole andare a
parare. Certo ci sono dei difetti, la scarsa originalità, i risvolti
un po' banali della trama, la location assolutamente poco sfruttata,
una regia non sempre impeccabile, ma è una serie che si lascia
seguire e crea interesse e questo è quello che tutte le serie
televisive dovrebbero fare.
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