“Ogni città ha la sua storia, ma nel
mio caso si parla di leggenda... Roswell nacque come una sonnacchiosa
colonia di cowboy nell'America del Dopoguerra, sede di contadini e
uomini dell'esercito, finchè un giorno non accadde qualcosa di
incredibile. O almeno, così racconta questa leggenda”
Siamo partiti con delle ovvie e
scontate perplessità su questa nuova rivisitazione di “Roswell”
targata The CW, siamo partiti enormemente prevenuti, in primo luogo
perché il network ci ha da sempre abituati a reboot che ci hanno
frantumato ricordi di serie cult come “Beverly Hills 90210”,
“Dynasty”, “Streghe”, e non si è smentita nelle
trasposizioni fumettose targate DC Comics, con risultati a tratti
disastrosi con serie come “Arrow”, “The Flash”, “Supergirl”
e “Legends of Tomorrow”. Negli ultimi 10 anni il canale
statunitense ci ha dato dimostrazione di qualità solo in un caso:
“Jane the Virgin”, per il resto la The CW è sempre stata
sinonimo di serie tv mediocri, con una recitazione spesso precaria,
in alcuni casi pessima, serie tv fondamentalmente rivolte ad un
pubblico di adolescenti o poco più. Ecco, adesso si è voluto fare
un altro passo in là e riesumare una serie cult del 1999, che per
sole tre stagioni ci ha fatto conoscere gli alieni, ma non l'alieno come ci è sempre apparso "iconograficamente", in film come “E.T.”
o serie come “Alf”, omini strani, pelosi o con le testone, spesso
bassi un metro o poco più, no, ci ha mostrato degli alieni,
ovviamente con poteri, ma del tutto simili a noi, che possono, con le
dovute difficoltà, amare ed essere ampiamente ricambiati.
E' stata
una svolta nella narrazione seriale di allora ed ovviamente non può
esserlo in quella di oggi, dove nel frattempo, negli ultimi 20 anni,
sono passati un'infinità di serie televisive sugli alieni e simili,
mostratici in qualsiasi forma, colore, dimensione e quant'altro. Ecco
che già il fascino che sta alla base della serie crolla
inesorabilmente. Ma andiamo a scoprire l'incipit: la The CW, e la
showrunner Carina Adly Mackenzie, ci fanno sapere, attraverso il
sottotitolo, che Roswell si trova in New Messico, come se nel
frattempo l'abbiano spostato, ma invece no, è sempre stato lì. Qui
non sono gli alieni che arrivano, perché quelli ci sono già, è una
ragazza che torna a Roswell, Liz (Jeanine Mason), senza documenti,
figlia di due immigrati, che torna nella città dov'è nata, e dove
ha svolto i suoi primi studi e dove si è innamorata per la prima
volta. E proprio al suo ritorno ad attenderla c'è quell'amore di
allora, quel ragazzo per il quale aveva avuto la sua prima cotta
adolescenziale: la fanciulla non sa però che il ragazzo è un alieno
ed ha sempre cercato di nascondere a tutti le sue capacità. Il
ragazzo in questione si chiama Max (Nathan Parsons) ed ha due
fratelli: Michael (Michael Vlamis) e Isobel (Lily Cowles), il grande
cambiamento è stato cambiare una vocale al nome di Isabel e
trasformare lo sceriffo Valenti (Rosa Arredondo) in una donna, ma il
nome del figlio è lo stesso, Kyle, stavolta col volto di Michael
Trevino, nostra vecchia conoscenza telefilmica, già visto in “The
Vampire Diaries”, che stavolta fa il medico, invece Max fa il
poliziotto. D'altronde anche questa, come la serie precedente, prende
spunto dai romanzi di Melinda Metz, ecco perché i nomi sono rimasti
invariati. Gli Alex (Tyler Blackburn) e Maria (Heather Hemmens) di
oggi non riescono minimamente a farci dimenticare quelli di allora,
personaggi eccezionali e fondamentali della serie madre, che qui non
hanno la stessa forza interpretativa di Colin Hanks e Majandra
Delfino. Ci chiediamo dove sia finita la simpatia di quei due
personaggi, sostituita malamente con un Alex ed una Maria serissimi e
noiosissimi. Nonostante uno tenti di non pensare a “Roswell”,
serie del 1999, il fatto che i nomi siano gli stessi, la trama molto
simile, la location anch'essa ovviamente uguale, nonostante dicevamo
ci si provi a non pensare alla serie del 1999, è impossibile non
fare un paragone diretto ed il confronto purtroppo non regge
assolutamente.
A dirla tutta il cast non è poi così male, in questo
ambito potevamo aspettarci decisamente di peggio, invece, nonostante
non potranno mai reggere il confronto di Shiri Appleby (Liz), Jason
Behr (Max), Katherine Heigl (Isabel), Brendan Fehr (Michael) e Nick
Wechsler (Kyle), non è un cast da bocciare senza remissione di
colpa. Presa in disparte - al di là della serie madre -, tirando le somme ci aspettavamo di peggio, la
delusione non è così cocente, la serie in se è tutto sommato
guardabile, anche perché la The CW ha visibilmente voluto a tutti i
costi mantenere pressoché intatto tutto il contorno della precedente e più nota, anche le divise dei poliziotti sembrano le stesse, molti
dei luoghi sembrano esattamente quelli, restare quindi fedele
all'immagine che noi avevamo è tutto sommato un punto a favore.
Certo viene difficile abituarci ad un Michael omsessuale innamorato
di Alex e ad una Maria che da bionda diventa afro, alcune
cose ci hanno turbato e ci sono apparse delle forzature, come a voler necessariamente cavalcare l'onda dell'attualità. Va da sè che la trama risulta a tratti
interessante, le poche novità apportate, di cui non vi parlaremo in
questo contesto per non spoylerare troppo, stuzzicano: il
finale del Pilot – primo episodio nel quale a nostro avviso si
svela sin troppo – lascia aperti scenari tetri e misteriosi.
Non urliamo al capolavoro, sia chiaro, ma
“Roswell: New Messico”, seppur con una narrazione limitante dal
punto di vista dell'originalità, potrebbe essere un buon passatempo,
forse più estivo che invernale, ma niente di più.
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