“Non si disturba mai chi guarda
'Mezzogiorno di Fuoco'!”
Il Dottor Harrow è un patolo legale
che ha un'empatia molto forte con il proprio lavoro tanto che alle
volte sembra proprio “parlare” con i morti e tenta di
“ascoltarli” per capire quello che è realmente successo prima
della loro morte e così si ritrova spesso ad aiutare la polizia a
risolvere i casi più disparati. Daniel Harrow ha il totale disprezzo
per le autorità e viola spesso le regole. In parallelo alla storia
procedurale c'è però il passato dell'uomo che torna a bussare alla
sua porta e che minaccia seriamente la sua famiglia, la sua carriera
e tutta la sua vita. Questa la storia di “Harrow”, serie
televisiva australiana, prodotta e mandata in onda in contemporanea
anche negli Stati Uniti dalla ABC ed in Italia arrivata una decina di
giorni fa su Fox Crime, creata da Stephen M. Irvin e Leigh McGrath
con Ioan Gruffudd come protagonista, è un mix di tante cose già
viste: “Bones”, “Quincy”, “Body of Proof”, che ha
comunque trovato una buona fetta di pubblico in Australia e per
questo motivo è già stata rinnovata per una seconda stagione. Gli
episodi sono 10 e per fortuna la serie ruota quasi esclusivamente
sulla figura di Harrow che diventa una specie di “Dr. House”
della medicina legale, perché il resto del cast è decisamente
mediocre: c'è Soroya Dass (Mirrah Foulkes), investigatore della
polizia del Queensland che comincia a provare attrazione per Harrow;
Simon Van Reyk (Remy Hii) assistente omosessuale del protagonista;
Stephanie Tolson (Anna Lise Phillips), ex moglie di Harrow e madre di
Fern (Ella Newton), ragazza drogata che vive per strada da due anni e
che Daniel tenta in tutti i modi di aiutare; ed infine Lyle Fariley
(Darren Gilshenan), patologo collega di Harrow, che crede, al
contrario del protagonista, che sia giusto seguire qualsiasi tipo di
regola, sempre ligio al dovere, per questo i due si trovano
perennemente in contrasto.
In realtà di personaggi nella serie in
questione ce ne stanno ancora molti, perché come tutti i procedural
che si rispettino la serie è corale e segue le (dis)avventure di
numerosi personaggi secondari, spesso anche inutili, a nostro avviso,
ma di certo molto stereotipati: la figlia drogata, l'ex moglie sempre
presente, l'omosessuale, la collega con cui l'uomo ha un flirt,
insomma è tutto talmente simile a tante altre cose già viste che
continuarne la visione provoca esclusivamente noia e sonnolenza. Il
fatto che il protagonista, seppur attore di livello rispetto ai
colleghi di serie, sia il classico belloccio tutto d'un pezzo, non
aiuta minimamente ad attrarre attenzione. Ma c'è un ma: la fine del
Pilot apre nuovi orizzonti, che in questo contesto non riveleremo,
che fanno molto “Dexter” e che aprono di certo le porte a
qualcosa di un po' più misterioso. Il problema sta nel fatto che,
nonostante la trama di base, la serie rimane un procedurale e per
questo motivo, alla lunga, stanca.
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