E adesso, dovrei smetterla qui? Questa era la domanda che girava nella testa di Adele Nigro tre anni fa, ferma nel guado tra la fine della sua vecchia band e un futuro tutto da decifrare. La risposta, per fortuna, è stata quella di continuare a suonare, di prendere tutta l’attitudine indierock anni 90 à la Pavement e Built To Spill (e rinvigorita in questo decennio dalle Waxaharchee) e declinarla in un mondo nuovo, con canzoni nuove, con un nuovo moniker.
Nascevano così gli Any Other, che nel 2015 pubblicavano il loro album di debutto “Silently. Quietly. Going Away”, un disco intriso di storie personali, di separazioni difficili, di crescite e di confronti. Un disco che ha immediatamente collocato gli Any Other tra le gemme più splendenti dell’indie italiano cantato in lingua inglese, con un tour infinito che ha portato Adele a calcare indifferentemente sia i palchi italiani che quelli europei, in un crescendo di pubblico, attestati di stima e concerti da paura. Tre anni dopo le cose non sono poi tanto cambiate: Adele, ora ventiquattrenne, continua a scrivere di quel mondo magico e veloce che è la vita prima dei trentanni, quella che in tutta la sua nebulosa complessità poi ci portiamo dentro per sempre come l’unica vera golden age, l’età accecante che forgia il nostro diventare adulti. Quello che è cambiato è il contesto musicale che tiene insieme questa nuova manciata di storie: perché “Two, Geography”, il secondo album di Any Other in uscita il 14 settembre 2018 per 42 Records (Cosmo, I Cani, Colapesce), è musicalmente più maturo, più complesso, più libero nella forma e nell’attingere da influenze diverse, antitetiche. a volte Perché se la trinità di Adele rimane pressoché immutata, in “Two, Geography” si sentono rimandi all’indie folk americano di Phil Elvrum (The Microphones, Mount Erie), al tocco chitarristico di Jim O’Rourke e David Grubbs; e poi il songwriting classico, gli arrangiamenti orchestrali e il free jazz, tutti declinati con uno stile e una sensibilità più che attuali.
Così è anche “Walkthrough”, il primo singolo del prossimo album, accompagnato da un video minimale e suggestivo. Il racconto emozionale e senza filtri di una relazione che si inasprisce fino a diventare niente, inserito in una musica in continuo mutamento, con un flusso quasi free jazz di chitarre, batteria, piano e fiati. Una scelta coraggiosa, originale, una dichiarazione d’intenti su come Adele non abbia paura di sperimentare, di mettersi in gioco, di andare oltre. E di quanto è bello, alla fine, avere ventiquattro anni.
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