“Certa gente farebbe qualunque cosa
per una corona!”
“The Art of More” ci lascia
inspiegabilmente perplessi fin dal Pilot. La serie della Crackle, in
Italia arrivata da poco su TimVision, possiamo definirla in un unica
parola: “densa”. Si, perché la narrazione è velocissima e
pregna di particolari e avvenimenti, succede molto già in un primo
episodio che però fa notare già le sue carenze: la serie infatti
presenta carenze visive notevoli e regia e fotografia risultano
pressoché mediocri. Questo contrasto crea le perplessità di cui
sopra. “The Art of More” è stata ideata da Chuck Rose ed ha
tutto sommato un buon cast, ma qualcosa manca. Andiamo per gradi: la
serie narra le avventure di Graham Connor (Christian Cooke), un uomo
appassionato di arte che cercherà di affermarsi ad ogni costo nel
settore delle vendite d'asta.
Ad ogni costo, sì, perché il nostro,
grazie anche ai contatti in Iraq, creati durante il servizio
militare, usa spesso (quasi sempre) le strade meno legali, se così
possiamo dire, per raggiungere i suoi scopi. In questo avrà l'aiuto
di Arthur Davenport (Cary Elwes), collezionista d'antichità molto
furbo e misterioso. Contrabbando, furti e illegalità la fanno da
padrone in un giro d'affari di oltre dieci miliardi di dollari. Ci
troviamo a New York e quel mondo è pieno di squali, i due ben presto
dovranno vedersela, tra sparatorie, party da sballo e contraffazione
di opere d'arte con Samuel Brukner (Dennis Quaid), un uomo molto
potente e abile burattinaio.
“The Art of More” è una serie non
meglio definita, un drama dai risvolti crime, dove lusso e arte sono
preponderanti in un contesto complesso e affascinante, un universo
molto ampio che entra in qualsiasi ambito seriale: sentimentale,
poliziesco, drammatico, un calderone di troppe cose insomma che non
crea appiglio col telespettatore. Malgrado il cast e la narrazione
veloce si crea poco pathos e poca adrenalina, proprio forse a causa
di un settore tecnico decisamente debole che ha preferito la velocità
e alla bella faccia famosa alle immagini e alla concretezza. La serie
della Crackle resta alla fine della fiera una serie godibile dal
punto di vista narrativo, se non si decide di guardare oltre la
barricata e si vuole semplicemente passare un po' di tempo, circa
quaranta minuti ad episodio, in compagnia di una serie carina, che
non ha bisogno di grandi sforzi mentali, ma di certo che entra in un
mondo che non viene esplorato tutti i giorni, strizzando l'occhio
alla criminalità, ma rimanendo abbastanza originale anche se qui e
là un po' prevedibile.
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