Prendendosi in giro già dal nome, come è nel loro stile, gli Iron Mais, mettono su “The Magnificent Six” (Maninalto!), il primo vero album, proponendo il tipico "cowpunk" - genere nato negli anni '70 con gli X - un centrifugato punkettaro di country rock irriverente. Ciò influisce soprattutto nei sei inediti molto ironici che raccontano l'Italia di oggi. Gli altri sei brani sono famosissime cover che spaziano dalla regina della dance anni '90, Corona, agli Iron Maiden, i Beastie Boys, i Pink Floyd, i Metallica, i Rage Against the Machine, i New Order. Cosa li abbia spinti ad inserire un brano di Corona tra la storia del metal e della new wave, resta un mistero. L'azzardo è tanto, non farlo pesare non è facile... ma roba da matti... come i nostri Testa di Cane (voce e banjolele), La Contessina (violino e voce), Jack La Treena (banjo e voce), Lo Scollo (contrabbasso), il Ragazzo Nutria (chitarra) e Burrito (batteria) che sembrano più nomi usciti da una periferia romana. La partecipazione ad X Factor li ha resi noti; in Italia pochi come loro in questo mix che incuriosisce, che è nevrotico e stanco come un giovane ventenne in piena nuova fase verso il mondo adulto. L'album è... da provare, vi stupirà, interdirà, scioccherà... chissà...
"Cucu'": anche nel primo album gli Iron Mais si e ci prendono per il... cuculo. Qualcuno volò sul nido altrui “Sono io, non sei tu... sono io, non sei tu”... un country-punk assassino.
“The Rhythm Of The Night”: il celebre pezzo dance che ha fatto ballare il mondo negli anni '90 torna nella versione di un nervoso country, con la sezione ritmica sporca e i violini da benedire per un ascolto non facile ma che colpisce indubbiamente. Un paso-doble nella seconda parte... Nel video gli Iron Mais ballano assieme a Corona che rese famoso questo tormentone quando ancora la dance aveva una dignità.
“Ahi che dolor”: banjo e violini bluegrass per: “Stiamo toccando il fondo, pisciando in testa al mondo, sappiate ci hanno avvisato, prenderlo in culo fa tanto male...” troppo enfatica la vocalità graffiante ed ironica per raccontare l'Italia di oggi.
“Grano Duro”: “I soldi in tasca sono finiti e pure quelli sotto il materasso. Cosa vuoi da me, che il raccolto quest'anno è andato di merda!”. Questa anche oggi la problematica di chi lavora e si spacca la schiena per la propria terra. Anche qui non manca il... culo, che ormai è una fissa, divenuto ormai centro di tutti... i dolori. Violini irish sono frecce infuocate.
“Can I play with madness”: facciamo che vi dimenticate per un secondo o poco più del brano degli Iron Maiden. Qui ancora bluegrass in salsa western, con la batteria che a riprese si fa pesantemente rock mimando l'originale ma è ovviamente tutt'altra cosa. Anche se la voce ricorda quella di Bruce Dickinson per un finale musicalmente vario.
“Drink e Drive”: “Questa mattina mi son svegliato... dall'altra parte mi son girato”. Bella Ciao, lui va di “Ronconi” e beve solo quando guida... ma è solo provocazione perchè, come cantavano i Negrita “Bevo anche se non è vero, qui lo dico e qui lo nego”. Allora “non guido e vado a letto”... mettiamola così e giù di violini e banjo nevrotici ma che, a questo punto del disco, rischiano di stancare, perBacco.
“Friendshit”: … è come dire tutto ma: “Vuoi essere qualcuno ma non ci riesci mai... e vieni vieni qui che ti strappo le vene”, un rapporto subdolo che finisce non proprio bene se scovi un falso amico. Qui la vendetta non è proprio “Siediti sul letto del fiume...”. Le chitarre si prendono per la prima volta la scena beat. Pezzo molto leggero.
“Another Brick In The Wall”: inizio in levare, chi poteva mai immaginarla cadenzante e western? Di certo nessuno. Rischio altissimo soprattutto nel chorus molto stanco, che si adagia sulla melodia originale in cui emerge un Sergio Leone d'antan. Nella seconda parte strumentale il violino disegna assoli che parlano...
“Nothing Else Matters”: inizia con acustiche nervose, come questo album giovane. L'originale dei Metallica è, di contro alla loro discografia, una ballad molto orchestrale. Il country dei nostri invece, qui torna prepotente ed è più a suo agio. Quindi funziona piuttosto bene senza troppo azzardare. Unica pecca la vocalità a perdifiato.
“Lambro River”: “Barbeque con pannocchie ed il pesce di qua che avrà pure tre occhi ma mangiare è una priorità”, ballad stanca che procede di banjo, dal mood molto USA e dall'immagine molto... inquinante. Nel Lambro gli Iron Mais pescano di tutto. Ma come pescano loro in Italia nessuno. Pagherà?
“Fight For Your Rights”: gli Iron spingono l'acceleratore nel brano dei Beastie Boys e la tensione è alle stelle, le chitarre sono un mix confuso.
“Killing In The Name”: a parte l'intro sospettoso, ecco un nuovo country caotico. Il basso dà l'illusione dell'originale suadente dei Rage Against the Machine ma la vena ironica nella voce cerca di salvare tutto.
“Blue Monday”: dall'acustica pulita ci si aspetta che scoppi poi una guerra di suoni. E invece i New Order perdono il loro stile ma ne assumono un altro niente male. Si tratta del miglior brano dell'album, a chiusura. Violini irish di treni sempre in viaggio, di riff di elettriche sensuali e la vocalità di La Contessina che dovrebbe essere sfruttata di più. Senza alcun dubbio.
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