“Senza che tu te ne renda conto la
vita ti piega e te lo ficca dritto nel di dietro”
1973, Los Angeles, California. Siamo in
quel momento in cui la comicità raggiunge il suo apice: tutti si
credono dei talenti nel campo dell'umorismo, tutti cercano di
inventarsi le battute migliori per raggiungere il successo. Tutti
insomma si sentono dei comici, un po' come oggi tutti si sentono
cantanti e ballerini. “I'm Dying Up Here” è una serie
volgarotta, spietata, nel quale la comicità non fa ridere, tranne
rari casi, e che fa in realtà solo da sfondo. E' una serie che si
addentra più nelle vite private di questi comici dilettanti
discostandosi in un certo senso dal loro talento o, in alcuni casi,
mancato talento. Una cosa è certa: la Showtime aveva tra le mani una
serie d'oro e l'ha un po' sprecata raccontandoci una storia che alla
fine risulta un po' banale.
Basterebbe dire che la serie è creata da
Jim Carrey per comprendere quanto potenziale sprecato ci sia in “I'm
Dying Up Here”, ma ovviamente non è solo colpa di Carrey o della
Showtime o della sceneggiatura poco originale di David Flebotte, qui
ci troviamo di fronte ad una serie fiacca, stanca, sfibrata, senza
anima, che non attira l'attenzione e che passa assolutamente
inosservata. Anche il cast - nonostante le innumerevoli guest-star:
Sebastian Stan, Alfred Molina, Dylan Baker, Robert Forster, Obba
Babatundè, Richard Kind, solo per citarne alcuni – non è proprio
perfetto. Come dicevamo, ci troviamo a Los Angeles, terra di sogni e
utopie, nei primi anni '70, in questi anni i club per gli spettacoli
comici cominciano a diventare estremamente di moda. In particolare
noi seguiremo le avventure all'interno del rinomato “Goldie”,
locale per comici che in quel periodo andava per la maggiore, dove
ogni sera si esibiscono alcuni dei comici più conosciuti dell'epoca
e anche moltissimi dilettanti allo sbaraglio in cerca di popolarità.
Nel “Goldie” non ci sono tematiche proibite, ma chiunque può
dire tutto ciò che pensa. Tra di loro ce n'è soprattutto uno che si
sta facendo strada arrivando già a fare qualche ospitata in tv: Clay
Appuzzo, il personaggio interpretato per l'appunto da Sebastian Stan,
che inizialmente sembra protagonista indiscusso della serie, se non
fosse che dopo appena 10 minuti muore investito da un autobus. E'
questa l'unica sorpresa dello show ed è da qui che lo show
effettivamente parte. Nel cast: Goldie Herschlag (Melissa Leo),
proprietaria del club, poco incline all'affetto, donna dal carattere
molto forte; Cassie Feder (Ari Graynor), ragazza che aveva una
relazione con Clay, a sua volta comica e a sua volta fidanzata con
Bill (Andrew Santino), ovviamente anch'esso comico; nel frattempo
arriva in città Ron (Clark Duke), in cerca di notorietà. Un cast
corale - fin troppo - per una serie che però ingrana la marcia solo
negli ultimissimi episodi di stagione, i primi sei sono di una noia
indescrivibile e la durata di un'ora ad episodio di certo non aiuta.
La serie tra l'altro ha un finale ben definito, quindi ci chiediamo
se la seconda stagione prevista per il 2018 seguirà ancora i
personaggi e i passi della prima o cambierà marcia e location. Di
certo, dopo aver visto “The Marvelous Mrs. Maisel” - che in
ordine di tempo è stata messa in onda dopo “I'm Dying Up Here” -
questa serie ci sembra decisamente meno originale e molto più
tendente allo sbadiglio, però si intuisce come ultimamente ci sia un
ritorno al racconto a quegli anni, ricordiamo anche “Vynil” della
HBO, o “The Get Down” della Netflix, tutte serie di un certo
livello, ma con una narrazione ferocemente lenta. Solo “The
Marvelous Mrs. Maisel” esce fuori dal contesto, non stancando ed
anzi riuscendo a tenere vivo l'interesse per tutto l'arco di una
prima splendida stagione. Ecco, in “I'm Dying Up Here” di
splendido c'è ben poco, a parte le ambientazioni molto fedeli, ma
alla fine dei conti la serie della Showtime poteva benissimo essere
divisa in due lunghi episodi, tralasciando aneddoti e noie per strada
e creando un film tv che sarebbe stato decisamente più interessante
da seguire a differenza di questi dieci interminabili e tediosi
episodi di una prima stagione purtroppo dimenticabile.
Personaggi e doppiatori:
Goldie (Angiola Baggi)
Cassie (Gea Riva)
Ron (Simone Crisari)
Bill (Federico Zanandrea)
Clay (Ruggero Andreozzi)
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