Non avevamo ancora recensito ma lo abbiamo ascoltato tanto “Futuro Proximo” che restituisce “Umberto Maria Giardini” ai massimi splendori, un album che possiamo considerare tra i migliori in assoluto del nostro, se non addirittura il migliore. Un mix perfetto di poesia che sa attingere al quotidiano per andare decisamente oltre, ottimamente calata in ritmiche incisive e melodie di sicuro effetto ma per niente banali. Niente di nuovo a ben vedere per chi conosce Umberto, ma il merito maggiore è che stavolta a vincere è la coesione dall’idea che sta dentro alle canzoni e la qualità che si mantiene alta fino alla fine, non ci sono appunti seppur minimi da fare, ma, però... ci sono dieci canzoni bellissime, che stanno bene singolarmente e insieme ancor di più:
“Avanguardia”: sezione ritmica suadente e testo decisamente geniale: “Avanguardia è dirti che per il male è la gente però la gente sono anche io e allora viva il male”
“Alba boreale”: “L’amore diverrà tridimensionale eliminando il margine di errore” il primo singolo estratto ha ancora una volta una ritmica accattivante e un altro gran testo “futurista” per certi versi che si dipana in un ritornello che colpisce al primo ascolto. C’è spazio anche per una coda a tinte noise sul finale.
“A volte le cose vanno in direzione opposta a quella che pensavi”: costruita per accumulo di pathos per librarsi nella melodia nello parte finale: “Ho fiducia in te delle tue manie più me lo chiedo e più ci credo quando la lingua cola verità è tutto il contrario del profumo dentro al nostro letto dove ho lasciato quel libro che non hai mai letto”
“Il vento e il cigno”: perfetto contraltare della traccia precedente, qua tutto è morbido, disteso: “Volerai chilometri per tornare ancora qualche idea ce l’avrei per tradurti ancora l’oro è un metallo che non fa per me Giuro tornerò”
“Ieri nel futuro prossimo”: Arrivano i riff rock vecchia scuola anni 70, per un pezzo strumentale che procede nervoso e carico di good vibrations
“Dimenticare il tempo”: Continuano le sonorità rock d’antan che si distendono in un ritornello trasognante, nel testo i consueti giochi di parole del nostro: “Chi lavora nella notte chi masturba la mattina quanti dubbi nella biologia mi fai venire e tuttavia sarà la pura verità”
“Caro Dio”: folk ballad lieve, con la slide guitar a ricamare: che ribalta il dialogo con l’aldilà: “Che significato dai al tempo fraintendimi che in fondo è proprio quello che vorrei”
“Grazia Plena”: “Il mio dna è grazia plena e la mia luna credi è quasi sempre nera nelle tue farfalle un ruolo è importante perché da una merda nasce sempre un diamante” ritmo irresistibile e trascinante per ritornello che si apre e lascia il segno, grazie ovviamente all’ennesimo grande testo e prosegue il discorso intrapreso nella traccia precedente: “nelle mie domande che non ti farò”
“Onda” titolo non a caso, siamo infatti catapultati in pieni territori new wawe:” E guardavi con gli occhi miei e parlavi con la bocca mia e cambiavi con un idea che nulla cambiò ma che parve di sì e invece era no”
“Mea culpa”: “Vivere con te è come rimanere a piedi in autostrada con la coscienza perforata che va a braccetto con la verità” al pianoforte, poetica e intensa, che si distende sinuosa e ammaliante.
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