Un viaggio tra l'Italia,
l'America e la Giamaica dove ha registrato e mixato il suo ultimo lavoro,
quello del savonese di origini nigeriane Raphael, dal titolo semplice “Reggae
Survival” (Sugar Cane). Mai titolo poteva essere più azzeccato vista la
semplicità e la purezza in cui si cimenta nei ritmi in levare, l'unica ancora di sopravvivenza di uno stile e una cultura che negli
ultimi anni sta attraversando diverse mutazioni. Un recupero del roots, delle
tradizioni, delle radici, della storia di un genere musicale solido, fatto di
diritti civili e “libertad”, di rivoluzioni. Un album che può contare su diversi produttori altisonanti e tanti musicisti di spessore, da Magista a
Nambo Robinson, da Sid a Robin Manders, da Dean Fraser a Sherida Sharpe. Nulla
da eccepire se non vibrazioni positive!
Le radici di una cultura black impregna le prime note di
“Dread inna Babylon”, sia nel testo che nella vocalità. Un levare molto netto,
schietto, spogliato di tutto, destando quasi nostalgia questa melodia sinuosa,
come le vibrations smaniose di “Joker
Soundbwoy”, con l’apporto fondamentale di Triston Palma, in cui il piano è
ipnotico a dovere, i fiati colorano e vanno bene non essendo invasivi, mentre
le chitarre fanno un lavoro di pulizia. Diritti civili e “freedom” risaltano in
“Rebel”: “I’m a rebel” diventa una missione, dove Magista fa un ottimo lavoro
con i synth e dove si adagia una sezione ritmica ancora più energica ed un
assolo di elettrica che è una benedizione. E si passa a “Stock of Weed”: un
reggae cadenzante e vivace, di utili ripetizioni musicali ed ammiccanti sono i
cori di Sherida Sharpe, mentre malizioso si affaccia il basso. Fiati si
intravedono sullo sfondo, more fire! Segue questa strada “Who dem a pree” con
Lion D che reppa sulla vocalità di cuore di Raphael, più che di pancia… finale
dub.
I fiati di “Sweet Motherland” portano il brano ad una dimensione un po’
troppo retrò, per poi recuperare con un buon sound trafitto dai synth. I ritmi
si risvegliano in “Rise Up”, dove il nostro, in questo “stand up” è più
giocoso, un accenno dancehall ma senza spingersi troppo. La seconda parte del
brano è un noise più che un dub vero e proprio, dove scherzi elettronici si
prendono in giro. Più profondo l’approccio a “A place for me”, con una melodia
malinconica in cui si può sentire l’influenza degli Africa Unite post “Un sole
che brucia”. “Another Peace Song” invece, è roots con un chorus orecchiabile, un “One Love” 2.0 senza troppi fronzoli strumentali… Il disco si
chiude con la versione dub del primo brano, dove c’è un bel lavoro di
sintetizzatori soprattutto nella parte delle percussioni. L’album è
intervallato da 4 “skit”, ovvero mini tracce/messaggio che hanno formato
Raphael e che rappresentano la struttura portante dei testi di “Reggae Survival”, una
musica, un ideale, una ribellione per sopravvivere. Tra questi, i discorsi dell’attivista
Fela Kuti, l'inventore dell'Afrobeat con la forza della parola “democracy” e dell’ormai
ex presidente dell’Uruguay Josè Pepe Mujica, il “capo” degli ultimi, povero tra
i poveri e la sua concezione del “vivir con poco”. Forse è questa la ricetta
della libertà…
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