Col “Mainstream”
uno che si chiama "Calcutta" sembra averci poco a che fare, eppure il
tentativo di risultare per certi versi più appetibile rispetto all'esordio "Forse..." è andato a buon fine, visto che si parla di lui praticamente ovunque. Con Niccolò
Contessa de “I Cani” tra i produttori, il disco di
Edoardo D'Erme alias appunto "Calcutta" esce per Bomba
Dischi in collaborazione con Pot Pot Records, tra fascinazioni anni'80,'90 e tanta musica cantautorale italiana, non troppo indie,"del resto"... più come connotazione per la
verità, giocando con le parole, l'ironia che non molla un attimo,
nonostante cozzi (bene) con quell'aria stanca, con quella vocalità
"disagiata",data anche da una certa "precarietà musicale", così spoglia, dove
gli strumenti si intravedono quasi appena, così come il ruolo giocato dall' elettronica. Un "lo-fi", "timidezza sonora", che è la caratteristica che intriga di
più in Calcutta, anche perchè ben si contrasta con i testi, netti e lucidi, e che ci porta ad osservarlo e ad ascoltarlo, con
interesse al di là delle chiacchiere che trovano il tempo che si meritano.
“Gaetano”: piano
e voce stanca, nella melodia ci ricorda per un attimo gli Stag, più
avvezzo all'uso del tappeto elettrico, per nulla invasivo: “Quante
volte ho pensato che alla fine il sorriso è una paresi se vedi bene,
mi annoiavo alle feste, mi annoiavo alle cene”...
“Cosa mi manchi a
fare”: ritmica in stile '80-'90, dove Calcutta gioca con la
ripetizione dei concetti, con le parole e le assonanze: “Allora
dimmi che cosa mi manchi a fare, ti prego dimmi che cosa mi manchi a
fare, tanto mi mancheresti lo stesso che cosa mi manchi a fare...”
“Intermezzo 2”:
ronzii provenienti dai mangiadischi, quelli arancioni molto anni
'80...
“Milano”: intro
ammalato: “E scusa io non voglio fare male e scusa io lo so che tu
stai bene ma Milano è un ospedale”... con la voce tirata alla
Brunori, dove emerge la solitudine di un uomo in una fredda Milàn
che si tramuta quasi in pazzia...
“Limonata”:
molto minimal, con qualche campionamento a colorare: “Salutami tua
mamma che è tornata a Medjougorie e non mi importa niente di tuo
padre ascolta De Gregori, a me quel tipo di gente non va proprio
giù”... lei è entrata nel mainstream, è convenzionale, spreme
limoni a capo chino e non vede la vita che scorre intorno... due
persone incompatibili..."
“Frosinone”: la
sezione ritmica e le elettriche tornano a farsi sentire sì ma
vengono usate in modo da essere refrattarie come il nostro: “Torno
a casa e mi guardo un film, l'ultimo dei moicani non so di chi, io ti
giuro che torno a casa non so di chi”...
“Intermezzo 1”:
un synth che fa fatica a farsi suonare... forse una scelta mettere
prima il 2 e poi l'1...
“Del Verde”:
Preferirei perderti nel bosco che per un posto fisso, preferirei una
spiaggia di Sardegna, preferirei scaldarmi con la legna”, nella
leggiadra melodia, Calcutta non fa mancare la sua ironica verve in
frasi come “vestiti da Sandra che io faccio il tuo Raimondo” o
nella laconica “ti presterò i miei soldi per venirmi a trovare”.
Nel “ponte” etereo i vocalizzi e poco altro...
“Dal Verme”:
sfondo elettrico ritmato con il contributo tetro di MAI MAI MAI che
spezza qualsiasi legame con il resto del disco...
“Le barche”: le
chitarre annunciano Calcutta che anche in questo caso canta tra gli
echi; negli acuti c'è un non so che di Ivan Graziani che ci rende
malinconici: “Ti prego andiamo a Peschiera del Garda per fare un
bagno, non voglio allagare la tua mansarda per farmi un bagno”,
anche qui il gioco di assonanze...
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