The Hangovers
sono una bella scoperta. Anche una buona idea. Ed ecco che, dopo anni
di concerti, vicende personali e ritorni sulla scena underground
bolognese, sfornano il loro primo lavoro dal titolo “Differente
Plots”. Victor M. de Jonge (voce, trombe e chitarre), Tristan
Vancini (basso), Filippo de Fazio (chitarra), Michele Mantuano
(percussioni) mettono su un genere che ha delle novità nel suo essere. A loro
piace chiamarlo “grunge caraibico” e le premesse ci sono tutte:
le sonorità country invadono il disco ed è quello che riesce meglio
a far convivere la presa di coscienza del tempo che passa inesorabile
con i ricordi della gioventù. Dall'altro invece, non si può non
prescindere dalla cultura grunge, di quegli anni '80-'90 che ancora
mantenevano viva una cultura di ideali nonostante incominciassero ad
affiorare i primi ozi e le prime insoddisfazioni giovanili. Il tutto
in 10 brani divisi a metà, 5 in italiano e 5 in inglese che
garantiscono coerenza fino alla fine, con tanti cambi di
tonalità, di ritmi che possono solo far felici un orecchio attento.
Buon ascolto.
“Invece
no”: sound country che si apre ad una strofa dalle melodie più
cantautorali, sarà la vocalità di Victor: “Ma tu sogni una vita e
poi fai i conti con l'età e il progetto richiede un'altra mentalità
e invece no”, davvero belli gli arpeggi della chitarra.
“Un
anno fa”: gli arpeggi celano nell'intro un folk vispo e
trascinante, con la ritmica del basso sullo sfondo che è piacevole.
Poi s'alza nella seconda parte dove c'è un repentino cambio di
ritmo, non facile d'acchiappare, con il levare. Il testo è un
ricordo su cui rivangare: “Te l'ho detto un anno fa perchè non va,
adesso cambio identità con te, ma va, vedi che il rapporto no, non è
perfetto, tu dimmi due parole poi andiamo a letto...” talvolta
certe storie se nascono sbagliate devono finire il prima possibile
anziché trascinarle invano...
“Qui
da me”: un country old school perchè “... ho voglia di cantare
ancora le canzoni quelle senza età che fanno vomitare a tutti i miei
amici, tutti tranne te, dai vieni qui, qui da me, raccontami che cosa
sai, io ti dirò niente di che ma per un po' saremo io e te”... i
vecchi ricordi, dalla musica ai film che ti hanno formato, quelli te
li porti sempre nelle tasche anche se passano gli anni...
“Postumi
della viltà”: sound british con riff puntuali, dove ancora una
volta sono le chitarre in levare a cambiare repentinamente volto al
brano; poi un altro cambio nel bridge da cui nasce un assolo di
elettrica dapprima breve ma delizioso e dopo distorto, creando
un'atmosfera volontariamente nostalgica ma non di rimpianti: “Lontano
dal mare pensando di dimenticare, coi postumi della viltà, non è la
giusta tattica, no non te l'hanno detto che non fa quell'effetto? Coi
postumi della viltà la fuga non ti salverà”... scappare non serve
a nulla in certe circostanze, è meglio prendere “contatto con la
realtà”...
“Ogni
sera”: intro con battiti di mani, forse è il brano dove emerge
quel “grunge caraibico” che agli Hangovers piace tanto, perchè la
chitarra elettrica ha più mordente, ma come la band ci ha abituato niente è come sembra: è la seconda parte diventa acustica,
incorporea, potente: “Dormo tutto il giorno tanto non mi importa
più, bevi insieme a me, togliti dai guai... ogni sera, ogni sera,
ogni sera, ogni sera....”
“Sinner”:
non che l'italiano muti il senso musicale della band, ma è logico
che un folk country accompagnato dal testo in inglese ha un effetto
molto più marcato. Quindi il disco è diviso in due parti bilingue
solo apparentemente, ma è da notare qui il mood più tenebroso.
“It's
On”: chitarre e sezione ritmica british dove le trombe si
inseriscono bene, senza invadere, qualche imprecisione vocale quando
le note alzano ma va bene così per il genere...
“I'am
All Right”: va tutto bene eppure le sonorità sono meste, come
attaccato ai ricordi ma con una consapevolezza nuova... come non
innamorarsi dell'assolo?
“Curse
the Day”: un paso doble notturno, cinematografico nei suoi
fischiettii, nei suoi riff...
“Different
Plots”: il disco si chiude con una sterzata pop calda che si
accende e si spegne nelle sue trasformazioni, per portare verso
un'altra strada, per confondere le idee. Un gran pezzo come del resto
tutto il disco, intriso com'è da piacevoli melodie ed assoli che
sfiorano la perfezione nel loro contesto.
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