E' un
buon prodotto l'esordio di Alessia Luche, una giovane interprete che di gavetta
però, ne ha già fatta tanta sfiorando qua e là qualche l'accesso a qualche
talent. E si chiama proprio “Talent Show” il suo album, forse a sfatare il
“mito” televisivo ed è meglio così, altrimenti sarebbe molto probabile
bruciarsi in fretta. E invece eccola con un lavoro che, a parte la freschezza
ovviamente scontata, rivela un'ottima produzione, quella di Eugenio Ciuccetti,
in cui spiccano sicuramente musicisti di tutto rispetto e si sente: Raffaele
Rinciari, Gianluca Borgogno, Francesco Albini, Davide Perra e Gianni Salis. I
brani più blueseggianti, dove tutti possono esprimersi a 360°, riescono meglio
di quelli che risentono del sound pop, troppo melodici a parer nostro. A noi
piace “funky e sexy”, come lei stessa si definisce. Nel finale una chicca...
“Io
vivo nella musica”: un base ritmica molto scattante, dall'accento funk, con la
voce di Alessia molto “free” e dal testo alquanto soul, l'amore per la musica:
“Il suono del viaggio, il suono dei colori, il suono di un abbraccio, il suono
degli odori...” fiati rhythm and blues che nel finale spaziano, arricchiscono
il brano difficile da non dimenticare...
“Trasformazioni”:
ottimi i giri di basso così come l'equalizzazione dei suoni di questo disco.
Qui Alessia nella sua semplicità e nella vocalità crescente, crea sfumature
alla Nina Zilli, meno r'n'b senz'altro e più funky: “Trasformazioni di me e del
mio modo di apparire, trasformazioni di me che non mi stufo mai di cercare,
trasformazioni di me che ho sempre voglia di cambiare”. Un esplosione il
finale...
“La
leggerezza del mattino”: “Sette e trenta in punto la mia sveglia suona già,
un'altra notte che un po' stronza se ne va...” l'intro è melodicamente pop.
Questo può storcere inizialmente il naso ma poi il brano si apre a venature
jazz che mostrano l'alta qualità dei musicisti impegnati con Alessia Luche. Il
ritornello torna ad essere un po' troppo popolare e stona col contesto,
comunque va premiato il fatto che, se fatto appositamente, è una sortita mirata
e niente male.
“Suppergiù”:
uno sguardo dall'ascensore di un palazzo, un micromondo, al ritmo di tango e
rime: “Vivo dentro una cantina con un letto e una cucina e se poi divento
triste”... poi il brano accelera con la fisarmonica per donare sprint: “Metto
la musica più forte e non sento confusione ma una radio che diffonde sono
tante, ma su per queste scale tutti iniziano a ballare e il casino sulle scale
non c'è più”.
“Amsterdam”:
morbidamente la batteria sostiene un pop variegato, a livello musicale, con la
chitarra che disegna, gli strumenti riescono a distogliere dal testo che sì,
parla delle “donne in vetrina” ad Amsterdam, dove al di là della donna oggetto
in sé, Alessia vede storie e sentimenti, ma non è quanto di innovativo ci possa
essere. Peccato per l'acuto nella seconda parte, perchè risulta molto
cacofonico. “Il frastuono della festa intorno non finisce mai ma lei guarda
sempre oltre il vetro, con la dignità di un artista che baratta la sua rabbia con
la tua, senza pena né disprezzo ma con lieve nostalgia”.
“Lasciami
lo spazio”: è indubbio che Alessia è molto più a suo agio in veste di
rhythm'n'blues'-singer, dove i musicisti possono liberamente esprimersi e i
testi frivoli vanno bene, anzi sono molto più funzionali di una canzone come la
precedente: “E non aver paura che non ti sappia amare, saremo sempre insieme
più forte di ogni male”, ottimo il lavoro della elettrica e ampio sfogo al sax.
“La
gioventù delle idee”: intro cantautorale con un dolce sax che rendono maturo un
testo molto giovane, cantato da una ragazza che ancora può sognare ad un roseo
futuro e che “sbagliare è normale” poi, in fondo...: “E me ne vado da sola, con
tutto ciò che mi resta, la gioventù delle idee, la libertà della testa”.
“Sono
solo due parole”: chitarre e voce in evidenza nella prima parte, poi entra la
sezione ritmica, molto leggera come le sue parole, alla ricerca di un amore
condiviso: “Chi siamo, lascia stare non cercare più dentro di te, né intorno a
te, tanto te lo leggo nello sguardo, sai chi siamo”...
“Amori
imperfetti”: il mood soul del singolo non poteva di certo mancare: “Sono gli
amori imperfetti, ufficialmente scorretti o forse solo invidiati da chi non li
ha mai provati, amori veri ma intensi e non per questo perversi, semplicemente
diversi, amori belli così”, questi due ultimi brani sono più da Sanremo Giovani
e chissà che Alessia non ci arrivi a breve.
“At
last”: il classico di Etta James reinterpretato in chiave funky assieme alla cantante
jazz ungherese Erika Kertesz è un bel regalino di cui è stato girato un
videoclip. Il suono pulito e nudo della chitarra è una vera goduria. E' questa
la vera strada di Alessia Luche, senza alcun dubbio.
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