“Human
Machine” è il titolo più adatto per definire questo
disco dei NODe che tornano ad un anno dall'uscita dell'ultimo
fortunato album “Tragic
Technology Inc.“.
Una
macchina umana proprio come robotico è il sound che ha un'anima
profondamente New Wave, attingendo ai movimenti e alle rivoluzioni
musicali del decennio di Reagan e Gorbaciov, degli spari contro il
Papa, della strage di Bologna, dell'incidente di Ustica, di Urss e
Tienanmen. Già da “The Shift” si intuisce come ci sia una
cultura radicata negli anni '80 molto nostalgica, proprio come i
ricordi di Lubvic, il leader dei NODe che si mischiano alla
consapevolezza adulta, alla superficialità degli esseri umani dalla
mente deviata dai media. Un disco come un percorso tortuoso che cerca
di recuperare la memoria dei bei ricordi ma che tenta anche di
districarsi tra le difficoltà della vita di ogni essere umano. Ed
ecco che, dalla precarietà del brano d'apertura si passa a
“Soulsucker”, un passo in più dicevamo, volta a segnare la prima
perdita di un bambino, quella di un amicizia finita che fa male pechè
sai che inevitabilmente è finita l'infanzia e che sei un adolescente
alla ricerca delle verità nell'”Universe”, con troppe domande e
poche risposte e ciò pare cozzare con i riff e gli assoli delle
chitarre elettriche ed un intro “battiatiano”. Ma sei sempre te
stesso, da qui l'insistenza di sonorità elettroniche anni '80 anche
in “We come in peace”: “Noi veniamo in pace e tu sei una dolce
macchina umana, con l'oro di quest'alba ti svelo un segreto, siamo
qui in questo mondo per scomparire insieme"... quasi struggente
nella prima parte l'amore che si allontana, ma potente è il turbinio
improvviso distorto, aggressivo, sul finale... che quelle dei Joi
Division a confronto erano ballad!
Le derive funk si risentono in
“Dark Shadows (I feed the wolves)”, un quasi uomo che tenta di
sopravvivere in questo mondo, citando “L'avvocato del Diavolo”
che cita la Bibbia: “Io vi mando come un branco di
pecore in mezzo ai lupi”. Le voci femminili che si sentono qua e là
sono di Gaia Fusco e Simona Coppola che donano, senza essere troppo
invasive, un'accento etereo al disco. Un intro che ci ricorda
vagamente i Soerba di “Noi non ci capiamo” su uno sfondo dance
rock dark per “Freepocalypse & Easy Returns” a caccia di
rivoluzioni più interiori per la verità, che forse trovano pace
come si evince in “Best is coming next”: “Ho sempre cercato
qualcosa di speciale, una forma di amore, qualcuno complicato proprio
come te”, il cui sound dissonante è un piacere per... certe
orecchie. Il finale è come dovrebbe essere, l'uomo che prende
coscienza dei propri errori e che si rivolge, come una preghiera
intima, ad un Dio privato. “A
god for humans”
rompe per certi aspetti con i brani precedenti, è rivestita di
mistero, è dark quanto basta e profonda. C'è da dire che i NODe
ovvero Lubvic, Kamoto, Pak T2R, Luigi Di Maio e Andrea Vinti, sono
riusciti a partorire se non un concept quanto meno un album che è il
cammino dell'uomo nella sua vita, riuscendo anche a non far
rimpiangere affatto i cavalli di razza del wave e del post rock ma
creando al contempo una nostalgica sensazione spazio-tempo.
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