Sette
brani come lanterne, una dietro l'altra. Come un viale
flebilmente illuminato all'imbrunire o alle prime luci dell'alba,
quando anche l'ultima lucina si spegne. Sono così queste canzone che
i Noàis ci regalano. Perle di rara bellezza, dove storie fantastiche
e ballad d'Oltralpe si mischiano a sonorità irlandesi, blues, folk,
cantate da una grintosa voce cantautorale come quella di Jacopo
Perosino. Le storie di Colapesce, di Mary Jane, di Maria cullano come
favole, pugnalano come lame fendenti, parlano di amore e di morte, di
resa ed arresa, di sconfitte e vittorie. “Lanterne” è il primo
disco autoprodotto dalla band astigiana e ci auguriamo vivamente che
sia solo il primo di una lunga serie, perchè i Noàis sono riusciti
a donare verve ad un certo tipo di musica “all'italiana” senza
scadere nel già sentito anche se sono musicalmente “schierati”,
ma anzi riuscendo a donare vigore. E pensare che Noàis deriva
dall'inglese “no ice”, niente ghiaccio, liscio come l'acqua...
anche se loro sono un wiskey e anche doppio, da mandare giù subito,
da berne ancora, ancora e ancora...
“Hanno ucciso Colapesce”: un maranzano presenta
questo brano molto suadente nella sezione ritmica con il violino ad
accarezzare la teatralità dei Noàis a metà strada tra Capossela e
i Tête de Bois. Il testo
narra della leggenda meridionale di Colapesce. Secondo la tradizione
siciliana, Colapesce, ovvero Nicola da Messina, era figlio di un
pescatore ed abile nuotatore. L'imperatore Federico II di Savoia
quando scoprì le sue doti lo volle sfidare e la sfida tra i mari
punì il giovane coraggioso. In realtà Colapesce è la metafora
dell'uomo probo, quotidianamente sfidato dalle leggi e dagli
interessi dei suoi avidi governanti. E' quella frase che si può
sentire è di Giovanni Falcone che durante la trasmissione “Babele”
di Corrado Augias, del 12 gennaio 1992, disse: “Per essere
credibili bisogna essere ammazzati in questo Paese!?”... la
risposta, come per Colapesce, non tardò ad arrivare.
“Nun
t'arrabbià”: arpeggi e violini come le notti infinite di un blues
alla Dire Straits: “Insegna poi quel padre confessore il segreto
della sacra trinità, padre figlio e santa povertà, in piedi
sull'altare del padrone , prese il vino per combattere la sete,
nascondeva tasche piene di monete”... il blues da sempre racconta
la storia di un popolo, di un popolo qualunque, in qualsiasi parte
del mondo. E noi e i Noais lo sentiamo nostro. Un testo contro i
potenti che speculano e lucrano sulle disgrazie della povera gente...
“Mary Jane”: ballad irish di chitarre e violini che
danzano sensuali come Mary Jane, prostituta uccisa da Jack Lo
Squartatore una notte sotto “il cielo d'Irlanda”, immagini che
richiamano alle pianure verdi e sconfinate, bella l'associazione di
Mary Jane ad “un accordo sbagliato di rara bellezza”: “E un
abbraccio di un'isola dura dove se piangi non si capirà, perchè
piove anche quando c'è il sole un po' come un sorriso che viene e
che va”. I Noàis cercano anche sentimentalmente di riscrivere un
nuovo finale per Mary...
“Emmeraviglia
(Light my room tonight)”: con le chitarre bene in evidenza, il
violino di Luisa Avidano ancora una volta si sposa a “emmeraviglia”,
è un brano già edito della band di Jacopo Perosino, che qui cambia
faccia mischiando le sonorità in levare della Giamaica con gli
assoli irish a ripetizione, un ottimo connubio di alta qualità: “Ci
son giorni che mi sveglio e già lo so che l'ultimo frammento era
fatto come te...”
“Che
bella giornata”: un grazioso stornello fatto di arpeggi scanzonati,
colorati dall'elettrica velatamente slide, molto cantautorale
musicalmente con un testo di speranza perchè “... ho deciso che è
una bella giornata senza di te. E hai finito di comprarti delle
scarpe per camminare sulle strade che hai promesso di asfaltare e
invece poi le hai demolite” e di seguito i Noàis di autocitano.
“Colpa
di Maria”: un intro da taranta grazie ai tamburelli vivaci e le
chitarre folk per un brano che è davvero esilarante, tutto da
ballare. Ma anche il testo va ascoltato con attenzione anche se è
molto veloce: “Colpa di Maria che lavorava all'uncinetto,
predicando libertà di culto e libertà nel letto, ogni mia fantasia
per lei non è abbastanza, ho dipinto il paradiso sui muri della
stanza... e la paura fa 90”. Povero ingenuo il protagonista di
questo vero e proprio racconto, che vorrebbe comprare per tenersela
tutta per sé la prostituta Maria ed allora per farlo ruba le offerte
della Chiesa. A lui resta la beffa della galera, a Maria una vita
dignitosa magari senza amore. Il ricordo va alle ballate di De Andrè
anche se il finale qui è molto più ironico.
“Sudato
e fragile”: una ballad malinconica con la batteria morbida: “Se
ami qualcuno senza conoscere compromessi ricordati di dirglielo, che
la salita è lunga, meglio prendersi la mano prima...” sì perchè
ogni tanto bisogna trovare la forza di lasciarsi, ma anche di
amarsi... un'ultima lanterna, prima del giorno...
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