"... Provavo a mettermi nella pelle di un razzista - Non fare di tutta l'erba un fascio"
Un mix in salsa francese tra "Indovina chi viene a cena?" e "Ti presento i miei" senza avere la valenza storica e l'intensità del primo nè la comicità del secondo. Un ibrido vero e proprio insomma, è questo "Non sposate le mie figlie !" di Philippe de Chauveron, che affronta il tema "diversità" sul versante della commedia brillante, ricca di dialoghi che lasciano il segno con un'ottima squadra attoriale: Christian Clavier, Chantal Lauby, Ary Abittan, Medi Sadoun, Frédéric Chau. Non tutto però è messo a fuoco come dovrebbe e la pellicola pur scorrendo velocemente, tramite una narrazione piuttosto schematica, non riesce a colpire nel segno fino in fondo e finisce con l'esser vittima degli stessi stereotipi che pare scongiurare durante l'arco narrativo stesso, che "va a nozze" nella scontata mezz'ora finale. La famiglia Verneuil, è borghese, cattolica e gollista, se non che rischia di apparire "cattocomunista", infatti per uno strano scherzo del destino tre figlie su quattro sono andate in sposa a un arabo: "- A me quando hanno tagliato il cazzo, è stata una esperienza indimenticabile", un cinese: "- Vai alla messa? - Certo bisogna essere aperti - I cinesi, che leccaculi di merda che sono" e un ebreo: "- Adoriamo il vostro umorismo ebraico... Adoriamo Roberto Benigni" , dopo la prima mezz'ora, dove assistiamo al cercare di far convogliare nello stesso binario le differenze, giocando con garbo sui "luoghi comuni", in un impianto pressocchè teatrale, ecco che arriva la notizia che la quarta figlia è in procinto di sposare un nero... decisamente troppo per i genitori della ragazza, "- Arabi, Ebrei, Cinesi passi... Ma un nero no?" ma anche dall'altra parte le cose non sono poi così diverse: "- Pagheranno loro il matrimonio, l'Europa ha sempre saccheggiato l'Africa" o ancora: "- Papà per favore cerca di essere sorridente - Mi prendi per Eddie Murphy". Quello che è interessante nel film è che c'è uno sguardo "altro" che si concentra sui problemi reali del microcosmo "famiglia" al di là del razzismo insito e dalla condanna alla non accettazione dell'altro, "altro", taciuto, "in nome della famiglia" che esplode "in tutta la sua intolleranza", specie nelle relazioni degli adulti. Tutto ciò però rimane solo contorno, non viene sviscerato, ma è solo reso funzionale alla narrazione e quindi la critica "alla morale borghese", rimane sotto traccia; più decisa quella alla religione cattolica: "- Ma perchè non parliamo dell'educazione religiosa che tu le hai dato... amatevi l'un l'altro questo è il risultato" se c'è una posizione forte che l'autore prende al cospetto di ogni alterità, è che i cattolici sono i più bigotti, reazionari che esistano e che appunto si nascondono nella loro pseudo morale: degna di nota la scena al confessionale, col prete intento ad acquistare vestiario su internet mentre Marie, la madre, gli confessa tutti i suoi dubbi. Non mancano anche invettive contro Sarkozy e al suo Immigration Choisie, rimarcate dal concetto che adesso "siamo tutti francesi" e cantiamo l'inno nazionale e lo sentiamo nostro. Ma è la commedia brillante a farla da padrona e quindi i cocci vanno presto a ricomporsi per un happy end macchinoso ma che ci può stare, c'è garbo, stile, non ci si annoia di certo, anche se dal trailer a dirla tutta, sembrava un film più divertente, corrosivo, cattivo.
"Per fortuna non avete cinque figli - Perchè? - Perchè la quinta avrebbe sposato un rom"
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