Marina Rei - Pareidolia



Se nel suo precedente lavoro, Marina Rei si destreggiava amabilmente con parole ruvide e un sound sporco, oscuro e affascinante, in questo "Pareidolia", l'artista romana, sembra quasi voler mostrar di se l'altra faccia della medaglia, quella più solare e meno spigolosa. La libertà indipendente del precedente album, la capacità di osare, si tramuta in questi brani in una vera e propria apertura verso la forma canzone, a un ampio ricorso alla melodia... alla luce. Ma il percorso è perfettamente coerente, in quanto non ci sono sovrastrutture tipiche dei brani pop nostrani, il sound rimane essenzialmente scarno e sono la vocalità della Rei, i preziosismi degli arrangiamenti a far la differenza e a rilasciare canzoni d'autore e di ottima fattura che fanno si che Marina "esca" grazie anche all'apporto di Giulio Ragno Favero - chitarrista e produttore de "Il Teatro degli Orrori" - dalla sua "oscura e affascinante caverna" per guardare "il sole di fronte e lasciarsi andare" con classe e semplicità, senza rinunciare alla voracità e al mordente. Cos'è la pareidolia? Un processo psichico consistente nella elaborazione fantastica di percezioni reali incomplete, che porta a immagini illusorie, per "non guardare con superficialità le cose", così come dice Marina.

"Avessi artigli": dall'incedere incalzante sulle pelli ruvide, scarna, essenziale per un continuo crescendo emotivo, scritta con Appino degli Zen Circus: "Non volo ma cado".

"Ho visto una stella cadere": trascinante, melodica... liberatoria, vicina come struttura a certi brani dei Tiromancino: "A volte è stato facile guardare avanti, a volte è stato facile rialzarsi"...

"Lasciarsi andare": morbida e ariosa: "Io non riesco ancora a lasciarti andare, io non riesco ancora a lasciarmi andare".

"Sole": continuo crescendo d'intensità su sonorità rock dalla ritmica incessante, il brano è stato scritto assieme a PierPaolo Capovilla del Teatro degli Orrori: "Vorrei riscrivere la storia di noi due, stringimi forte adesso, non lo fai più senti come batte il mio cuore forte per te".

"Del tempo perso": ballad col pianoforte portante, sospesa e sinuosa: "Sei quel ricordo che riscrivo giorno dopo giorno, sei l'emozione in cui mi perdo, un'onda arriva arriva e sa come tornare alle correnti a cui appartiene".

"Se solo potessi": romantica, ad ampio respiro melodico: "Trasformerei la pioggia in una cascata di stelle solo per noi, raccoglierei tutti i tuoi desideri e in una notte sola li esaudirei".

"Pareidolia": con Zona MC e Off Muziek "Cercarti in tutti i giorni, cercarti sempre, trovarti in ogni senso quando ha senso niente, pensarti in tutto il bello che mi viene in mente, saperti qui con me quando sarai distante"... rime ficcanti e ritornello di grande effetto.

"Vorrei essere": filastrocca pop, vicina a certi episodi di Max Gazzè, ampiamente godibile: "Vorrei essere Dio almeno per un giorno, lontano da quello che mi gira intorno vorrei essere un pazzo perdere la testa, vorrei regalarmi un altro giro di giostra, vorrei ma non posso, lo vorrei lo stesso essere sposa e un finale diverso".

"Un semplice bacio": il brano più pop dell'intero lavoro, accattivante e piacevole: "Che grande conquista è la semplicità, è la rivoluzione"...

"Fragili": "...come noi che di questa malinconia non sappiamo più che farci"... riuscito connubio tra l'apparente spensieratezza della musica e della melodia con la profondità del testo.

"Annarella": eterea e sinuosa versione del brano che Giovanni Lindo Ferretti dedicò "all'emerita soubrette" ai tempi gloriosi dei CCCP :"Lasciami qui, lasciami stare, lasciami così, non dire una parola che non sia d'amore".

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