"Lo
spettacolo dura 37 minuti, quindi ogni tanto devo parlare…" si
giustifica divertito quasi, “un appollaiato” Carmelo Pipitone
presentando la sua nuova creatura, gli m. c . n., al pubblico intimo
e attento dal palco del Locomotiv di Bologna, “U Giubbuatto Tour”
è una sorta di ritorno a casa per i nostri che stanno portando in
giro per l’Italia l’energia goliardica dell’album d’esordio
“Ma ‘u ciriveddru chi è chinu r’acqua?”.
Niente
fronzoli scenografici, a eccezione delle luci e di una chitarra
elettrica a forma di teschio che pende sul palco e fa pendant con la
canottiera di Carmelo Pipitone, il quale ha il look dei frontman
hardcore migliori: canotta, braghe corte, anfibi pesanti e capello
ingellato… tra Mike Patton… e Ciprì e Maresco; quasi sempre
accovacciato, alla ricerca della posizione che meglio lo predisponga
alle esplosioni vocali e al growl che libererà per tutto lo
spettacolo. “Ma io non sono un cantante… io non ansimo, avete
capito di chi sto parlando? Del cantante di quell’altro gruppo..”
Sappiamo
cosa aspettarci: ironia grottesca e carica musicale dirompente e le
aspettative non vengono disilluse. Tra le liriche deliranti urlate da
Carmelo Pipitone in dialetto siciliano e le sonorità potenti della
chitarra di Davide Paolini, “futuro sposo intento alla ricerca di
bomboniere di carne” (Bomboniera) la batteria attenta e precisa di
Roby Vitari e i contrappunti al sax di Giacomo Maria Carpa, che a
Carmelo ricorda Bugo: ”Perché non capisce se c'è o ci fa”
immersi in un mare di effetti, l’elemento hardcore del progetto
emerge prepotente e addirittura supera in asprezza le versioni
postprodotte dei brani che si possono ascoltare nel disco, sfiorando
derive noise spesso e volentieri.
I brani scorrono e arrivano che è
un piacere, vere e proprie scariche di adrenalina, “Parino
Computer”, “Pezzi i curnutu”, "Un haio soldi”, “Dum
arruse”, “Mejugorie” “U giubbuattu...”: Carmelo Pipitone,
“costretto a parlare” spiega con dovizia di particolari i
venditori ambulanti, protagonisti di “Accendino e portachiavi“,
direttamente dal Pratello o perché i trapanesi fanno yo e perché
sono detti fangari e i marsalesi asineddri” nel brano che dà il
titolo all’album e la figura tipica dell’Accollino, che ti si
installa in casa e non lo schiodi più…
e che dopo averti ridotto
uno straccio (perché un accollino ha sempre con se il fumo), non ne
vuol sapere di rendersi utile al barbecue (rarigghia wireless)… tutte
informazioni fondamentali, vera e propria cifra stilistica degli m. c. n, che testi a parte, potremmo giurare di trovarci di fronte ad uno
dei più cattivi gruppi metal hardcore, coi ritornelli carichi di
imprecazioni degne di uno scaricatore di porto e i siparietti salaci
con tanto di insulti e minacce di violenza tra i membri del gruppo,
che si sciolgono felicemente in una risata e ti fanno vedere sotto
un’altra prospettiva anche le ricercatezze sonore che addirittura
omaggiano, seppure a modo loro, i Sepultura. “E non chiedeteci il
bis perché non l’abbiamo preparato… e perché in fondo nessuno
ce l’ha mai chiesto” come a dire, una risata.. pardon "Un
urlo", vi seppellirà.
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