Dodici
brani e due brevi strumentali compongono il ritorno di Ligabue,
“Mondovisione”, che restituisce al pubblico il rocker di
Correggio in piena forma, ispirato e convincente, sia nei testi che
nelle soluzioni strumentali adottate per cercare di ravvivare la
materia, che ovviamente non cambia, fra i pezzi più spinti e le
classiche ballad, con una sezione ritmica sempre potente e le
chitarre elettriche affilate al punto giusto. Forse sarà la rabbia,
la lotta, la determinazione, che ha portato il Liga a dare vita a
questo lavoro, curato dal suo musicista Luciano Luisi, per infondere
forza e positività ai suoi fan, che in fin dei conti sono ragazzi,
figli di un'Italia che non li merita ma comunque giovani che non
devono perdere la speranza. Personalmente avremmo preferito magari
una voce più in linea coi volumi degli strumenti e un sound meno
pomposo, ma Ligabue (insieme a Vasco) è il rock fm in Italia ed è
naturale che suoni così, poco male perché Mondovisione è coeso e
compatto, non ha brani minori e si lascia ascoltare piacevolmente, a
cominciare da “Il muro del suono”: “Mentre tutto si commenta da
solo”… riff hard rock, ritmica marziale, sarebbe potuta stare
benissimo in “Sopravvissuti e sopravviventi”, i toni si abbassano
con ampio spazio alla melodia contagiosa di “Siamo chi siamo”:
“Il prezzo di una mela per Adamo” classico brano alla Ligabue, di
sicuro impatto, ricco di citazioni e luoghi comuni ad hoc: “Di
tutte quelle strade averne presa una” ;“Il volume delle tue
bugie”: “E tu oramai sei dura dentro molto più di quel che basta
non ti possono far niente, niente amore niente guasti”
dall'incedere incalzante, tutta giocata sull'attesa che trova
sbocco in degli ottimi inserti chitarristici. “La neve se ne
frega”: “Io ti guardo negli occhi e vedo lontano il tempo che ho
perso” ballad acustica, con una buona progressione armonica nel
ritornello “Il sale della terra”: a parte i riferimenti biblici,
è il primo singolo estratto, un solido e tirato brano rock, con un
bel testo, col ritornello affidato ai cori. Dopo lo strumentale “Capo
spartivento”, dove tutto ha avuto inizio – ovvero il promontorio
sardo dove Ligabue e la sua band hanno partorito questo album (ed un
po' visionario viste come sono andate le cose recentemente in
Sardegna) – si passa all'orecchiabile e molto varia
nell'arrangiamento “Tu sei lei”: “Se l’universo intero ci
ha fatto incontrare qualcosa vorrà pur dire” mentre con la
successiva “Nati per vivere (adesso e qui)”: che ricorda
strutturalmente “Lust for life” i giri si alzano: “Ogni giorno
è un altro giorno altro che domani” per proseguire con l’intensa
e solenne “La terra trema amore mio”: “Tu guarda nei miei occhi
e trovaci un domani” uno dei migliori brani del lotto, dedicata ai
terremoti dell'Emilia; “Per sempre”: “Solo per sempre cosa sarà
mai portavi dentro solo tutto il tempo, c’è un istante che rimane
lì piantato eternamente”, ricordi d’infanzia che il tempo non
può scalfire, ballad rock, con un ritornello incisivo; “Ciò che
rimane di noi”: “Quando sai com'è l’abisso non sei più lo
stesso sai solo andare avanti per come sei adesso”, altra rock
ballad convincente, dalla ritmica sostenuta, con un ritornello non
banale con le chitarre elettriche in evidenza. Altro breve
strumentale a tema western,“Il suono, il brutto e il cattivo” per
il finale affidato a “Con la scusa del rock’n’roll”: “Ho
rimandato tutti gli anni a più tardi” strofa, ponte, ritornello,
tutto molto semplice, diretto e di sicura presa: “Cercavo solo di
non morire più” e “Sono sempre i sogni a dare forma”: ”So
che ogni lacrima è diversa so che nessuna è come te” col
pianoforte portante e svolgimento a tema “Io non lo so”, ariosa e
melodica.
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