Un sogno lucido, tra
percezioni e suggestioni, ora fumose, ora vivide, dall’incedere sinuoso e
ammaliante, a tratti ipnotico, un sound ricco di contrasti e sfumature che fanno di “Lividi”, un grande ritorno per “Vince”,
dopo “Invisibili Distanze”, che si avvale della penna di Alice Lerco, coautrice
di tutti i versi, tranne per “Al buio” della scrittrice Grazia Verasani,
coadiuvato da Ignazio Orlando, Antonello D’Urso, Max Messina e dalla voce di Silvia
Manigrasso, sforna un vero e proprio gioeillino, un album compiuto, che ha una
sua coerenza interna, un filo logico dove è facile perdersi, lasciarsi
trasportare, perché è al cuore che mira il nostro e il senso arriva da se:
“Lividi”: col basso
portante, ritmiche in levare e la chitarra elettrica a colorare il tutto con
riff ben assestati, “e tu non la senti questa ode alla notte” con un momento
centrale più dilatato e spoglio, che prepara il terreno per così dire alla
fertile deriva sonora.
“Fuzz dub”: tensione data
dal basso pulsante e incisivo e dai suoni sinistri degli altri strumenti, prima
che le chitarre elettriche squarcino l’atmosfera corroborate dalla potente
sezione ritmica.
“Sonnambuli”: eterea,
suggestiva, sospesa tra delicati arpeggi di chitarra, “fra il fumo sui tetti
svanisce la gente che non dorme e lasciano i sogni a chi lentamente chiude gli
occhi”.
“Black propaganda”: “curvo
tra i corvi” reggae e dissonanze, per un mantra dal mood oscuro e affascinante:
“nera come una messa senza obbedienza, black propaganda nera come una messa”
“In questo inferno vero
dub”: calma apparente, chiaro scuri, vero e proprio spartiacque del disco.
“Atto di dolore”: movenze
felpate e sinuose, con l’entrata delle chitarre elettriche a render solenne il
tutto, , un mantra che può ricordare certi episodi dei Csi di Tabula Rasa
Elettrificata, “pregano i soldati, pregano i condannati, in alto i nostri cuori
sono rivolti al dolore qualcuno li liberi dal male” c’è spazio poi per un
finale strumentale funky a dar sfogo ai soli di chitarra elettrica.
“Al buio”: “amo i treni
che partono, amo la gente che scappa, che non sa dove sarà domani e non riesco
a parlarti del sole se poi amo il buio, se poi sono al buio” poetica(scritta da
Grazia Verasani) e intensa ballad, delicata, intima e avvolgente.
“Il sole dell’inferno”: “asciuga
i peccati sotto pelle, il sole dell’inferno brucia il nome degli infami” riuscito
mix tra gli Estasia e atmosfere alla Rosemery’s Baby, sinuosa e minacciosa.
“Vetro cieco”: “e siamo
immersi nel caos e siamo dispersi nel ghiaccio” ballad dal piglio solenne con
un notevole risvolto melodico.
“Dawn moon glow”: chiusura
agrodolce dal mood onirico a lievi tinte psichedeliche.
Commenti
Posta un commento