Il cecchino di Michele Placido



"Nessuno ti conosce, non esisti proprio e questa è la prova che sei l'uomo che cerco"

Tralasciando la fotografia di Arnaldo Catinari che non dispiace, una regia comunque funzionale e una prova attoriale tutto sommato discreta, Mathieu Kassovitz e i suoi sguardi molto intensi, Olivier Gourmet, Francis Renaud, Nicolas Briançon, Luca Argentero... nonostante un Daniel Auteuil sin troppo espressivo, "Il cecchino" di Michele Placido, è un film che non lascia traccia, perso nel dare allo spettatore false piste narrative per sorprenderlo, procede così inquadratura dopo inquadratura, perdendo ben presto il bandolo della matassa che dopo la prima mezz'ora iniziale va totalmente alla deriva, facendo in modo che la suspence provocata dai presunti colpi di scena scada nel ridicolo involontario, complici gli snodi narrativi, inspiegabili se non quanto meno contorti e poco lineari. Esempio lampante ne sono le scene finali dove si cerca un certo spessore drammaturgico con un quanto mai deleterio montaggio serrato per spiegare "le rivelazioni in corso" sempre incombenti che non vi sveliamo per evitare spoiler ma non è roba da palati fini, questo è certo. Una sceneggiatura a firma Denis Brusseaux e Cédric Meloninsomma, che ha buchi enormi da ogni parte la si guardi e lascia sul film una patina di superficialità oltre che di incongruenza narrativa francamente inaspettata. Il procedere costante per accumulo di micro storie e personaggi di contorno sfilaccia inevitabilmente quel poco di tensione costruito nella primissima parte e la curiosità finisce con lo scontrarsi con un ritmo frammentario, discontinuo e soprattutto sbrigativo nei punti che vorrebbero essere salienti, dovuto al montaggio di Consuelo Catucci e Sébastien Prangère. Peccato perchè Placido nel corso degli anni si è dimostrato un ottimo autore, ma in questo caso è la confusione a farla da padrona e il film di per se è forse il meno riuscito della sua carriera. 

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