Dopo la partecipazione e il successo "per le parole sanremesi" Il Cile ritorna col vecchio album in Special Edition, arricchendolo ovviamente di inediti e chicche vere e proprie, (come Tutto ciò che ho, parte seconda demo e la versione acustica di Cemento armato) visto che non avevamo fatto in tempo a recensire l'album, lo facciamo adesso e anche volentieri perchè "Siamo morti a vent'anni" è un disco che si lascia ascoltare e che merita, nonostante episodi non tanto non all'altezza quanto decisamente pensati per un pubblico popolare, un pò monocordi nelle soluzioni adottate negli arrangiamenti, niente di male ci mancherebbe, però è palese che l'arte del nostro emerga soprattutto quando si discosta dalla formula "sanremese" per intenderci... quando si accompagna a suoni vintage, sonorità retrò, quando esce insomma dai confini del pop che padroneggia perfettamente tra l'altro. E' un buon lavoro ribadiamo, costruito come si deve, con i testi sempre sugli scudi e di alto livello, pieno di belle canzoni ad alto tasso radiofonico, speriamo che Il Cile "possa" osare di più in futuro:
"Le parole non servono più": Il brano portato a Sanremo che si è fatto notare in primis per il testo, non è niente di nuovo sotto il profilo musicale, è un pezzo pop costruito però perfettamente, di sicuro impatto:
"Le parole non servono più per riaverti, le canzoni che ho scritto per te rotte in mille pezzi... sono come spettri"
"Siamo morti a vent'anni": la title track è un beat incisivo dal mood retrò, evocativa e intensa con un ottimo testo:
"E siamo morti a vent'anni coi nostri progetti di vita alternativa, coi troppi negroni barcollando in centro e i tuoi cd della Nannini per farci qualcos'altro"
"Cemento armato": il brano può contare sul testo forse migliore dell'album, un cantato diverso per sfumature e un andamento scarno che pian piano cresce d'intensità e non smette di insinuarsi, piace anche perchè è costruito in modo diverso dallo standard, nel senso che non c'è un vero e proprio ritornello... ma un bridge ripetuto che "cita?", (potrebbe essere una nostra impressione anzi lo è di certo, anche se è curioso)il finale di Mi piacerebbe sapere di Gianluca Grignani (le parole "Dove sei", "oceano" oltre alla melodia):
"Anche questa è vita:un lavoro che non sopporti ma che devi fare, perché senza uno stipendio sei un difetto sociale, perché crepi per consumare e consumi crepando"
"Tu che avrai di più": ballad pop morbida, semplice nel suo dipanarsi, ha un buon testo, ma non convince del tutto:
"Cade l'ottobre e ti vedo sfilare vestita di niente, ti ostini ad entrare in un altro locale e scivola lento il languore spietato di vederti sparire."
"La ragazza dell'inferno accanto": beat vintage e scanzonato con un testo sarcastico e pungente con un attacco in falsetto nel ritornello molto gradevole:
"E ho scelto la saggezza al decimo Gin tonic, come un monaco buddista, ho ascoltato le tue ragioni rimanendo immobile ed impassibile"
"Tamigi": piace la strofa, cantata con il giusto piglio, piace anche il ponte, suggestivo e arioso, meno il ritornello, scontato ed eccessivamente melodico e sovraccarico di pathos:
"Parlarti dei miei massimi sistemi nel peggior bar di periferia e poi stamparti il mio male di vivere come fosse una radiografia."
"Il nostro duello": power pop con sonorità anni '80, con variazioni in minore nel ritornello, tutto strasentito "è canzone nazional popolare" del resto e nell'insieme ha un certo fascino nostalgico:
"All'alba del nostro duello è tuo il ritornello che dice salvami oppure annientami amore"
"Il mio incantesimo": ballad pop molto melodica venata leggermente di r&b, ariosa e ben costruita:
"Perchè la mia generazione disperde tutto a terra e la guerra più grande che ha perso è quella con se stessa"
"Credere alle favole": un brano pop rock abbastanza standard e melodico nella sua struttura, con la tastierina alla maniera dei Narcotic di Liquido opportuna e appiccicosa:
"Dopo che ho bevuto il mio sangue come aperitivo mordendo le mie labbra in modo compulsivo. Ora che non si rimargina.
Dopo i tuoi 21 anni che puoi bere anche in america. Ora che in discoteca non ci vai più per la musica."
"La lametta": filastrocca con ancora un uso vintage dell'elettronica, che cita Gianni Morandi nell'attacco della strofa "Fatti mandare dalla mamma che ti porterò in Olanda" e Rettore (crediamo almeno) nel titolo, la melodia è smaccatamente italiana, del resto il testo è alquanto esplicativo a riguardo:
"È un esercizio di stile tutto questo vivere"
"I tuoi pugnali": "della bellezza che perdo sempre"... reggae sound che si apre alla melodia nel ritornello con un testo sarcastico e amaro:
"Vorrei diventare... Infinitamente piccolo. E finire in quel portaoggetti che avrai con te in campeggio... Insieme al tuo nuovo ragazzo... Che ho scambiato per un maggiordomo, che nemmeno io fossi un attore potrei sembrare così buono."
"Tortura medievale":piglio funky/dance d'antan alla Daniele Silvestri con la melodia che assomiglia a Save tonight di Eagle Eye Cherry:
"Claustrofobica è la mia dimensione onirica quando penso alla tua pelle e le leggi della fisica si sfaldano diventano letali frecce avvelenate centro dei miei mali"
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