Convincente esordio per Alfonso Surace aka Arcane of Souls (anagramma ben riuscito tra l'altro), "Vivo e vegeto" risulta infatti godibile e ricco di spunti d'interesse, soprattutto in chiave strumentale dove il nostro si affida al blues contaminato, ora di folk, ora di country senza dimenticare il rock italiano dei primi anni '80 e la lezione dei grandi cantautori anni '70 e ci fermiamo qua perchè ci potrebbero stare benissimo (per alcuni episodi) paragoni con Bugo e i Verdena, a tal proposito, qua e la ci sono scorci psichedelici che potrebbero essere, maggiormente sviluppati, una direzione da intraprendere per il futuro. Futuro che necessariamente ripartirà dalla voce, roca, calda, stilisticamente grezza che si adatta magnificamente all'ironia dei testi e agli arrangiamenti corposi e immersi in atmosfere rigorosamente lo fi con un lavoro di chitarre davvero sugli scudi... il tutto ha a ben vedere una resa vintage che risulta vitale parafrasando il titolo dell'album e pop nella sua accessibilità. Di contro, inevitabile per un esordio, qualcosa di tanto in tanto nell'insieme più che nelle singole tracce non convince del tutto, paradossalmente con quanto detto prima, in certi pezzi il cantato risulta essere un pò troppo uguale e i testi non sembrano alla resa dei conti il punto di forza, giocati più sul suono, anche se sono comunque funzionali con quell'aria naif e inseriti nel contesto.
"Pontiac": folk blues alla Beck, sinuoso e veloce, giocato interamente sulla ripetizione, con una coda strumentale che ne amplifica il concetto e forse poteva esser meglio sviluppata, con Aninder Baryah alla tabla,:
"e non c'è due senza tre la terza volta che cadrò a testa in giù non mi rialzeranno più"
"Chorus chorus": "amore mio non vedi che ci stanno cercando però fuggire in due è più bello"... un mood dei migliori anni '80 italiani (Camerini) che si esplicita ancor più nel ritornello non solo melodicamente:
"posso regalarti un buffo ritornello ah ah ah ah ah ah"
"Domenica dimentica": incedere western blues trascinante con un ottimo lavoro di chitarre (ritmica, slide, distorta), uno dei migliori brani del lotto:
"hai tutto quanto e cosa fai? Ora lo sai anche tu"
"Un treno blu": ancora blues e ironia, con tanto di cori di bambini (tra gli altri anche quelli dei figli), con l'apertura alla melodia nel ritornello... accattivante nella sua struttura, la traccia ricorda Rino Gaetano:
"e io non ci sto lo sai perchè ho voglia di sognare con lei e leggo pagine di marinai"
"Col sole in faccia": altro folk blues di impatto con un testo alla Bugo, abbastanza semplice nel suo dipanarsi:
"capita spesso di risvegliarsi un pò come dei supereroi"
"Bronson": ipnotica e ammaliante, ricca di riff, col sassofono di Mauro Mazzola sul finale:
"ho poco tempo e molta voglia, arrangiamenti a Volentè mi rado sempre più di rado ma son contento come un re"
"E faremo l'amore": ballad lenta e sensuale e dall'aria vintage '60, dal testo finto "finto ingenuo" che richiama appunto quelle atmosfere:
"ho sbagliato però non era importante farò pace con te"
"Io e tu": folk venato di leggera psichedelica, un brano che si distacca dai precedenti, dove cantato, atmosfere e uso dei cori, richiamano certi episodi dei Verdena:
"tu non lo sai che male fa spiegare non è facile ti ricordi tu, io e tu?"
"Holtz": "non è possibile, sarà fattibile"... una perla d'antan che richiama alla mente Enrico Ruggeri prima maniera che sfocia grazie agli archi di Francesco Arancio in frammenti quasi noise in una degna coda strumentale
"Ultimamente": "... sono drastico potrei sfogarmi anche con te".. mood anni 70 con il sassofono a far da contrappunto alla ritmica suadente e incisiva e al cantato "distaccato"
"Oh no": "e se ti va la speranza eccola qua... la chiamavi musica"... un rock blues suggestivo e intenso, ancora in territori '70, non dispiace, anche grazie al sempre puntale lavoro chitarristico
"Io e lei": un country nostalgico e languido a chiudere l'album, con tanto di cori a sublimare... non aggiunge e non toglie nulla al resto:
"sarà bello stringersi a lei... io, io e lei"
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