Il Principe è tornato... lunga vita al Principe... se Fossati e a quanto pare Guccini vogliono dire "addio" per sempre alle scene musicali, De Andrè è morto, Gaber ne fa dieci e compilation (con Gigi D'Alessio incluso) e Vasco Rossi non si sente tanto bene...(tralasciando l'ultimo Vasco si intende), ci auguriamo che il nostro continui a macinare km e suonare e a regalarci "perle" come in questo ultimo album... Dove non ci sono riempitivi, tutte le canzoni sono di ottima fattura e qualità e anche nei pezzi più "facili" la classe davvero non è acqua, il disco in se ha un suono "live", quasi grezzo, dove diretto e semplice fanno rima con purezza artistica... e la poesia è intatta e anzi rinnovata nella sua lucida analisi dell'Italia odierna, criptica e feroce come ai bei tempi, le metafore sono tante e assolutamente ben costruite e ficcanti, dannatamente incisive, un disco vecchio stampo insomma con soluzioni armoniche e arrangiamenti moderni, cantato come Dio comanda... che altro? Ci sono anche Nicola Piovani e Malika Ayane... tanto per gradire, ma "piano piano, sottovoce" come direbbe Marzullo... perchè siamo di fronte a uno dei migliori De Gregori degli ultimi anni, che emoziona e convince, un buon vino lasciato ad invecchiare soavemente e non serve davvero aggiungere altro.
Nove canzoni, è davvero il caso di dirlo, una meglio dell'altra:
"Sulla strada": "e tu che parlavi una lingua dimenticata" o ancora " e il cielo di zucchero nero" che del resto "a giocare col nero perdi sempre"... il destinatario della missiva via via che la strada scorre si fa sempre più esplicitandosi... musicalmente sulla scia di altre ballad folk ritmicamente sostenute del Principe, molto melodica anche senza un vero e proprio ritornello, un pò Vai in africa celestino, un pò Bambini venite parvulos" più lirica e meno diretta a livello di impatto, ma il testo è un insieme poetico e criptico come nelle migliori incisioni del nostro e come dicevamo all'inizio non serve che ci dicano chi era l'uomo ragno, questa non è una ballata a ben "ascoltare" ma la storia (di ieri) sembra la stessa e in fondo ha la stessa matrice:
"Il cielo ha una porta segreta e un'uscita mascherata sotto gli occhi di un leone di pietra e di una vergine chiacchierata, usciti da una notte di tempi e da una pagina patinata e c'era pianto e strider di denti ma finalmente la porta fu spalancata... e finalmente la banda passò a ripulire la strada"
"Passo D'Uomo": del resto ".. altra misura non conosco, altra parola non sono"... delicata e morbida, con gli archi diretti da Nicola Piovani, persino semplice strutturalmente a fondersi con la semplicità invocata dalle parole, ricca di orpelli strumentali a nobilitarla, col ritornello sospeso, che non smette di aumentare d'intensità con le parole, l'uomo, operaio e non, è il protagonista... come a dire che "qui si fa l'Italia e si muore... ma più che niente da capire":
"e non c'è niente da nascondere, niente da tenere stretto, non c'è niente da lasciare"
"Belle Époque": "e non è ancora già domani ma non è nemmeno ieri" altro brano dedicato al novecento (da 1940 , passando per Titanic, fino al Cuoco di Salò etc etc...) col suo personale modo di vedere la storia "che siamo noi" è bene ricordarlo, la gente comune, le persone vere, immergendosi in quei tempi e non con una visione retroattiva, lasciandosi andare, narrando a mò di stornello e "quel van le troie" con un garbo infinito... un pensiero a Mannarino è inevitabile, questa come dire, è la fantomatica asticella insomma:
"ti bacio e ti butto vita mia come un pezzo di pane che passi attraverso le ossa come un filo di rame ti bacio e ti butto vita mia nella bocca di un cane ti bacio e ti butto vita mia come un pezzo di pane"
"Omero Al Cantagiro": con Malika Ayane ai cori e mezza strofa a dirla tutta, musicalmente siamo vicini ai suoni di Viva l'Italia (l'album) leggeri e solo apparentemente spensierati ma che non mancano di colpire con parole centellinate come solo il nostro sa fare e dove non è difficile individuare il bersaglio scelto e nella metafora del cantagiro scorgere i comizi elettorali "a farti firmare i miei dischi":
"Cantami Omero, cantami una canzone, di ferro (voluta o meno come citazione è geniale), di fuoco, di fiamme, di amore e passione lo sai che privato e politico si confondono spesso, sarà diversa la musica ma il contro canto è lo stesso"
"Showtime": "ho paura a guardarti negli occhi, ho paura a guardarti nel cuore"... un'atmosfera alla "Blue Moon" per intenderci, confidenziale e complice, con una apertura centrale improvvisa che taglia in due il brano con la metafora ragazzo, chitarra, torero, sinonimo di passione ed è difficile riuscire a cantare con tale credibilità un testo così genuino e diretto, senza scadere nel ridicolo, nel patetico "dell'innamorato in preda a"... De Gregori invece ci riesce con assoluta nonchalance:
"che posso farci se mi fai sognare, chissà se sogni anche tu"
"La Guerra": "per essere partiti chi ci ringrazierà, per essere tornati chi ci saluterà, per essere partiti chi ci ricorderà, per esserci salvati chi ci perdonerà"... Troppo facile citare "Generale", ma il mood è quello, con la chitarra elettrica a punteggiare e un accattivante e marziale base ritmica, che "non si scompone" nel ritornello evocativo, ma perfettamente reso, giocato sulla sottrazione dei toni, ottimo l'arrangiamento che in un brano abbastanza lineare riesce a far la differenza:
"abbiamo preso la campagna abbiamo perso la città, abbiamo preso l'innocenza ma abbiamo perso l'aldilà"
"Guarda Che Non Sono Io": "se credi di conoscermi non è un problema mio e vedi che non sto scherzando, lo vedi che sto scappando e guarda come sta piovendo guarda che ti stai sbagliando guarda che non sono io"...
con archi e pianoforte in evidenza e Nicola Piovani...
come fosse quasi un seguito della "Valigia dell'attore e di Povero me" "Sempre e per sempre" per così dire... è una delle canzoni che resterà fra il canzoniere immenso del principe... sincera e profonda, De Gregori si mette in mostra come in "Showtime", "senza pudore" e getta la maschera, riappropiandosi del suo essere semplicemente un uomo (Passo d'uomo):
"Cammino per la strada, qualcuno mi chiama per nome, si ferma e vuol sapere e mi domanda qualcosa di una vecchia canzone, scusami ma io non so di cosa stai parlando sono qui con le mie borse della spesa"
"Ragazza Del '95":"perchè è una rosa, è una rosa... diversamente non si può chiamare una ragazza del '95 che si sta per imbarcare" con la voce in secondo pieno e con Malika a far da contraltare e l'atmosfera giocosa e il testo criptico (non troppo a dirla tutta) " «Mi sono immaginato questa ragazza di diciassette anni, probabilmente bellissima, che spicca il volo, che cerca la sua strada, in un momento che è quello che sappiamo, in cui tutto sembra più difficile. Ma quando sento parlare di “diritto al futuro”, mi viene da rispondere che il futuro sarà affidabile quanto più lo si penserà come un dovere, non soltanto un diritto»" e intrigante... piacciono particolarmente i rimandi voluti o meno a "Rosa Rosae e a Viaggi e Miraggi" tralasciando l'attualità volutamente:
"il ministero della speranza ha detto che si può volare,oggi è un giorno perfetto per volare"
"Falso Movimento": è la più che riuscita metafora cibo/amore per "la ballad amorosa" alla De Gregori a chiudere il disco che è... "Rimmel"... del resto "De Gregori non è", come volevasi dimostrare, come gli ricordavano i critici in pieni anni '70... ti scioglie le difese come il nostro ha sempre saputo fare in "tali" (per essere più recenti "L'amore comunque valga ad esempio") e tanti brani, con la sua poesia semplice e raffinata che prende al cuore e non c'è altro da dire:
"tu mi guardi negli occhi io non so dove guardarti stasera sono un libro aperto mi puoi leggere fino a tardi"
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