Il significato di "FilmWorks" di "Alberto N.A. Turra" sta tutto nel titolo dell'opera, che mette insieme varie composizioni del nostro che hanno fatto da collante a diverse pellicole cinematografiche e non solo. In un lavoro del genere l'importante, nell'assemblare materiale così eterogeno, è dunque cercare per forza di cose di non perdere di vista la coesione, di trovare un punto di vista unitario che faccia si che questi lavori finiscano col non perdere la propria coerenza intrinseca, anzi ad acquisire una valenza "nuova". Quello che si viene a creare è appunto una nuova colonna sonora, per un film che forse si girerà un giorno e diventa quasi un gioco provare a immaginarselo tra le note di Turra, chiudendo gli occhi magari e immaginarsi intrighi, sguardi, lamenti, attese... "la colonna sonora c'è":
"Otto Haiku sulla morte": intro di chitarra elettrica che deraglia "feroce" con la sezione ritmica "prepotente".
"Seconda lamentazione": archi dolenti e affascinanti al tempo stesso, intrisi di mistero, che la chitarra cerca quasi di irretire.
"Irish Mississippi": inevitabilmente dal piglio blues, con la chitarra intenta come a disegnare "trame irrisolte", "bloccate".
"Cellule": col pianoforte portante, una melodia appena accennata e ostinata al tempo stesso che sembra pronta a dissolversi e invece si evolve in maniera minimal e preziosa.
"Darvish": delicati arpeggi di chitarra si appoggiano su un coro "da anime perdute e innocenti"
"Trevor": atmosfera fumosa, da "cavalcata western" coi fiati a rendere il tutto solenne e le chitarre sfruttate a dovere, una, ritmica pulsante e una a rimarcare l'epicità del viaggio polveroso.
"Curfew Go Go Go": in un mood d'attesa e tensione, per pianoforte, variazioni sul tema improvvise e incursioni ritmiche
"Dirottato variazioni": breve tripudio d'archi.
"Blue Velvet": standard jazz a luci rigorosamente soffuse.
"Bolero": "altro classico" riletto in maniera ariosa e godibile coi fiati appositamente più alti della chitarra e con uno "scorrere percussivo" che non dispiace.
"Sakura": dissonanze, rumori, una sorta di ambient noise.
"Otto Haiku sulla Morte": dopo la premessa iniziale del brano che da inizio al viaggio di "FilmWorks" ecco il suo dipanarsi in una chitarra che non ha le sfumature della prima parte, che rimane così per dire "in perfetta solitudine" ci aspettavamo a dirla tutta qualche variazione maggiore.
"Dustin": morbida e spigolosa al tempo stesso, con accenni psichedelici.
"Papa Legba is My Sensei": desert folk con la chitarra che come in "Irish Mississipi" rimane ostinata e complice su se stessa in una sorta di mantra raggelato
"Prima lamentazione": viaggio nell'oscuro coi bassi volutamente "alti" dove si inseriscono trame articolate principalmente per chitarra e fiati... ma siamo di fronte a una vera e propria suite che non manca di appassionare durante il suo ascolto, a nostro parere l'apice della raccolta.
"Col di Lana": ancora un mood cupo, subito però rischiarato da una serie di arpeggi alla chitarra sorretti dagli archi che sono una meraviglia per dolcezza e malinconia, col contrabbasso che accentua "il nero" nella parte centrale per un finale a scorci noise con l'entrata della batteria e della distorsione.
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