Torna con “Integra” Ivan Segreto, uno dei
musicisti italiani più interessanti in quanto riesce ad unire l'eleganza della sua voce e il tocco delicato del suo
pianoforte alle tradizioni della sua terra, la Sicilia, aprendo una
finestra, nei suoi dischi, "diversa" rispetto a quella di altri
interpreti suoi compaesani. Non solo “sule”, mare”, “aranci”,
ma anche ninne nanne, preghiere, scorci di città celate all'occhio
umano. Nato dietro la scia di Sergio Cammariere, Ivan si è saputo
distinguere con compostezza, portando al suo jazz un po' di
innovazione. E dispiace constatare che è anche uno degli artisti più
sottovalutati, forse perchè non grida, non sbraita ma si muove tra i
tasti ebony and ivory, con charme. E con “Integra” torna a
regalarci classe e lo fa da indipendente con la sua etichetta discografica "BRADÍLOGO" e... integro, raccontando,
come ci ha sempre abituati, l’”Animo” umano sotto le sue
diverse sfaccettature, di solitudine e vitalità, di sentimenti di
paura e di speranza, di denuncia contro il sistema, ma Segreto lo fa
sempre sottilmente, sagacemente, senza essere mai sopra le righe…
certo, il disco risulta alquanto omogeneo musicalmente ma si lascia
ascoltare anche piacevolmente con testi molto interessanti.
“Animo”: inizio a luci soffuse con una marcetta
delicata che, insieme alla voce di Ivan Segreto, crea un’atmosfera
sognante: “Terso,
rigenerato, ogni ingombro è stato ripulito,
cancellato. Principe che sei caduto, stringi il pugno l’assurdo
che hai voluto, non ti sarà negato” e la forza di cantare
enfaticamente un poesia che parla dell’uomo e della sua essenza,
dei sentimenti…
“Consapevole”: il pianoforte si mischia con la
sezione ritmica molto eterea, spoglia, parole suggestive che servono
da corollario, poche ma nette: “Tu sei tu, mentre il resto si chiede: Ma sei tu ciò che dispensa?”… finale “elettronico”…
“Sbuffo”: la batteria di Roberto Pistolesi
disegna inizialmente una marcia che si apre in un ritmo quasi funky
che rinnova il brano. Nella frase: “Ho in affitto un tetto di
colori accesi che sospeso ondeggia su di noi. Da uno sbuffo,
buffo è venuto a noi tingendosi ci si scopre
unici” il sound si fa più deciso. Gradevoli le assonanze del testo
per ricreare l’immagine di un “mondo” meraviglioso dove
chiudere i cattivi pensieri e la realtà...
“Riccio”: dal sapore più pop jazz con Pistolesi
che da un apporto essenziale e Daniele Camarda al basso elettrico,
morbida e sinuosa la vocalità del musicista siciliano: “E vuoi
chiuderti, chiuderti a riccio e pretendi di uscirne vivo, si
vuoi chiuderti, chiuderti a riccio e pretendi di uscirne
vivo. Fracasserò, sistemerò le tue virtù, le tue schiavitù.
Comprimerò, ballerò sopra le tue virtù, quelle che presumi”.
Caratteristica di Ivan Segreto è la ripetizione del testo… per noi
più un rafforzativo che uno sfondo alla musica…
“Metalliche”: La solitudine, fredda, la presa di
coscienza, il bisogno di “riscaldarsi” d’amore… ancora una
volta un sound similare ai brani precedenti ma dal piglio fortemente
jazz, qui l’elettronica è ben presente come tra l’altro negli
altri lavori di Segreto: “Espandi mia cara, mia calda timidezza.
Riscaldami mia dolce solenne irrequietezza…”
“Cannibale”: Partendo da un testo contro il Dio
denaro che divora e ci rende avidi, la musica cresce pian piano per
venir fuori con venature elettro-psichedeliche che creano un clima
asettico, si sentono anche le vocine… indubbiamente il brano più
indie: “Dai monetizziamo, capitalizziamo. Vi rendiamo grazie per
averci reso cannibali”.
“Asfalto”: non cambia rotta il sound,
elettronico e freddo, su cui si adagia Segreto, musicalmente sin
troppo spoglio, scelta forse perchè al centro del brano vi è la
cementificazione che stronca ogni briciolo di fantasia a cui la
natura si ribella prima o poi: “Ciò che l'uomo conserva, la natura
profonda si rigenera creativa da una gioia che inonda…”
“Sole”: torna l’aurea jazz e va via invece la
solitudine. Brano positivo rispetto ai precedenti e torna anche il
“calore”: “Dai Sole da solo non sarò mai più fintanto
che avrò la tua luce. Sole, sicura la mia voce nel dire che
suono e pensiero…” piacevole il contrasto dell’apertura che
sfocia in sonorità in minore sul finale del brano…
“nUovo”: metafora di nascita che prende vita
sotto la nervosa batteria quasi a fare a pugni, il pianoforte fa
fatica ad uscire da dietro la sottile voce di Ivan Segreto, mentre suoni
come graffi escono fuori. Sicuramente il brano più potente e
seducente: “Si delinea ora, esigilo, si delinea, è delineato. Si
schiude nUovo Uomo, lindo, limpido, finito”…
“Vibrare”:
solo il piano a regalare un pezzo classico e soave, “redenzione”
la chiama il “nostro” ed un testo che non può non passare
inosservato e la sensazione che anche questa volta Ivan abbia fatto
un buon lavoro, un disco che non racconta un altro Ivan Segreto ma
che resta intatto nella sua persona e nella sua musica: “E mi
ritrovo, di nuovo, a vibrare sull'incedere delle tue lacrime
sapendo però di giungere a breve alle tue labbra, mia
redenzione…”
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